giovedì 22 settembre 2016

Sfida irrisolta 2.

            

Sono fritto, dico a me stesso ancora prima di uscire fuori dal locale. Questo tizio che ho appena incontrato è uno di quelli con cui non si può assolutamente dialogare in modo ordinario, e come minimo vorrà venire alle mani appena gli dirò che non voglio avere niente a che fare con lui. Non lo conosco neanche; non riesco neppure a capire come sia possibile che in un attimo siamo potuti giungere fino a questo punto: forse, oltre al fatto che questo sia uno alla ricerca perenne di guai, davvero tutto è accaduto soltanto per avergli risposto in maniera appena un po' troppo sgarbata, quando mi ha chiesto di farlo passare in mezzo alla gente che affolla come sempre questo locale, ma le mie parole in quel momento volevano essere soltanto qualcosa di spiritoso, quasi mostrare la parodia di qualcuno davvero arrogante e pieno di sé, a cui è ovvio io non mi sono mai minimamente sognato di assomigliare.
Ed adesso siamo qua fuori, come per un duello degno dei pistoleri americani d’altri tempi, a dirsi ancora le ultime cose tra i denti, ed a farci di nuovo il viso truce, proprio appena un attimo prima che la violenza selvaggia prenda il sopravvento sul resto. Ho una mano affondata dentro una tasca, mentre lui sembra quasi mormorare tra sé ancora delle offese al mio indirizzo, ed avverto con la punta delle dita qualcosa che non ricordavo neppure di avere con me: un ciondolo, un oggetto semplice, senza valore, un piccolo monile senza alcuna importanza che mi ha dato qualcuno di cui non ricordo, ma che adesso sembra quasi voglia aiutarmi. Così, senza troppo pensarci, lascio cadere per terra la cosa, vicino ai miei piedi, senza che lui se ne accorga, e mi comporto come se la vedessi per la prima volta, e fosse già lì da chissà quanto tempo, abbassando lo sguardo e mimando anche una certa sorpresa; poi mi chino, la prendo, ed osservo a lungo e con curiosità quanto mi ritrovo improvvisamente tra le mie mani, quasi non avessi neppure mai visto qualcosa del genere.
Lui ci casca proprio come avevo previsto, e se in un primo momento si è irrigidito ancora di più per la mia presunta fortuna nel trovare per caso un oggetto del genere, in un secondo tempo immagina che forse le mie capacità siano commisurate alla mia buona sorte, e che io sia assolutamente diverso da come mi ha immaginato agli inizi, tanto che una volta raccolto quel gioiello da terra, quasi mi dispiace di averlo praticamente preso in giro in questa maniera.
Difatti, dopo essermi allontanato appena di qualche passo, controllando il suo comportamento con uno sguardo trasversale, e lasciandolo alle mie spalle ancora incredulo, dopo poco torno indietro, e forse vorrei addirittura regalare a lui questo gingillo senza valore, ma siccome ho paura che si senta troppo preso per i fondelli, mi invento che ci sono incise delle iniziali, e che quindi il proprietario va indubbiamente cercato, perché è giusto adesso che ne rientri in possesso. Lui non guarda neanche il monile, però si sente d'accordo, sta assolutamente dalla mia parte, e in questo modo mi fa tirare un sospiro di assoluto sollievo: se anche ci rincontrassimo nei giorni seguenti, mi immagino con ogni probabilità, non ci sarebbe più tra noi l’astio assurdo che si avvertiva agli inizi. Così torno ad appoggiare per terra l'oggetto, senza neanche preoccuparmene troppo, anche se all'improvviso mi viene il sospetto che sia proprio d'oro: un vecchio pendaglio di chissà chi, finito per caso in una mia tasca, e che comunque abbia forse un qualche valore. Ma adesso tutto questo in fondo non ha alcuna importanza, rifletto: sono pur disposto a rinunciare a qualcosa, anche a sbarazzarmi di quanto possiedo. Queste giornate sono costituite da nient’altro che una semplice serie di scelte, penso subito dopo con calma; il resto poi, è soltanto una combinazione di cose.


Bruno Magnolfi

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