Spesso parlo con qualcuna tra le
tante persone che incontro, a volte anche con coloro che magari non conosco
neppure molto bene, e così scambio con chiunque mi trovi davanti le mie
esperienze e anche i miei pensieri, specialmente quando mi trovo nei locali o di
fronte al caffè che in genere frequento, e dico a queste persone molte delle
cose che mi passano dentro la mente, assicurandole tutte di avere sempre avuto una
conoscenza diretta di ciò che spiego loro, e narrando in molti casi storie e
vicende vissute addirittura in prima persona, anche se qualche volta mi rendo
ben conto di non essere del tutto sincero. Però mi viene naturale inventarmi in
certi casi dei particolari, arrotolare le cose attorno ad un qualche elemento
che mi sembra particolarmente zeppo di fascino, ed anche se qualcuno certe
volte mi chiede magari qualche dettaglio per comprendere se sia proprio veritiera
la mia narrativa, o magari se lo stesso individuo si limita ad annuire con poca
convinzione, oppure semplicemente sorride, immaginandomi forse soltanto molto
fornito di fantasia, in fondo a me non importa.
Ma è tutto vero, dico ogni volta con
espressione seria e convincente però, anche se alla fine non mi interessa molto
rendermi conto se vengo creduto oppure no. Mi piace guardare la faccia di certe
persone che stanno ad ascoltarmi, questo è certo, mi diverte leggere sulle loro
espressioni quel senso di meraviglia e di interesse che riesco a risvegliare,
considerato poi che in qualunque momento posso smettere di raccontare, anche proprio
all’improvviso, e spesso lo faccio, lasciando magari chi stava seguendo fino a
quel momento le mie cose punto per punto senza neanche il gusto del finale per la
vicenda in questione.
Poi trovo un tizio, mi dice come
altri hanno già fatto in passato che non crede neanche una parola di quello che
dico, e butta lì questa cosa con un tono risentito, come se ci rimettesse
qualcosa nel credere alle mie argomentazioni. Sorrido, gli dico che so dove
abita, che conosco anche molte delle sue abitudini, e so per certo che anche
lui non dice mai niente senza infarcirlo con qualche discorso che si inventa
ogni volta di sana pianta. Lui si guarda attorno, poi mi dice fermo che non
potrei mai provare una cosa di quel genere, ed io gli rispondo che proprio
cercando di difendersi mette maggiormente in luce quello che ho appena
sostenuto.
Allora mi prende sottobraccio, dice
che spesso lui è costretto ad inventarsi delle fandonie per riuscire a campare,
perché ha qualche debito ed alcuni lo cercano per sapere quando restituirà loro
i soldi. Gli dico che secondo me non c’è niente di male nel vivacchiare in
qualche maniera, si tratta di esigenze di comportamento quasi normali, e che un
po’ fa parte anche del proprio modo di essere al mondo. Lui mi porta in un
angolo, dice sottovoce che da qualche tempo si sente disperato, non ce la fa
proprio più a tirare avanti in questa maniera, ed ha urgente bisogno di una
mano da qualcuno, anche se non sa proprio a chi riferirsi.
Lo guardo con calma, provo pena per
lui, gli dico che forse potrei presentarlo a certe persone disposte forse ad
aiutarlo, e che deve comunque stare tranquillo, mi basta un paio di giorni di
tempo e posso sistemare per un po’ la sua faccenda. Lui si rincuora, mi guarda
subito con occhi diversi, dice che sarebbe per lui una cosa preziosa, perché la
sua vita è diventata un inferno. Gli batto sorridendo una pacca sopra le
spalle, lo saluto, gli assicuro che il giorno seguente mi farò vedere al caffè,
sicuramente con delle buone notizie. Poi me ne vado: a volte ci vuole anche
poco per dare un filo di speranza a qualcuno.
Bruno Magnolfi
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