lunedì 8 gennaio 2018

Destino forse già scritto.



È molto tempo ormai che non esco dal mio appartamento per arrivare fino a questo bar. D’altra parte non posso certo continuare per sempre a trascorrere delle serate insulse guardando con la mia famiglia qualche monotono programma che trasmettono in televisione. Così ho farfugliato una qualsiasi scusa per tranquillizzare mia moglie e anche mio figlio, e dopo via, come facevo praticamente ogni sera fino a qualche tempo addietro. Gli strascichi del mio debito di gioco però non mi permettono in questo momento alcuno scivolone, anche se sono sicuro potrei rimettermi facilmente in carreggiata se solo un lieve pizzico di fortuna si mostrasse per una sera almeno un po’ dalla mia parte. Comunque, dopo che sono appena riuscito a restituire al Maghero tutto quello che ancora gli dovevo, ho deciso di tornare qua soltanto per dare una minima occhiata in giro, giusto per sentire cosa viene detto ultimamente nell’ambiente, quali sono gli argomenti forti insomma, e forse salutare qualche vecchia conoscenza se è ancora in circolazione, tanto per non dimostrare a tutti gli altri  di essere ormai completamente sconfitto.
Così entro nel locale, mi guardo genericamente attorno come ho sempre fatto, osservo con calma tutto ciò che riesco a vedere tra i tavoli e le sedie, poi mi soffermo un attimo sulle facce che ho davanti, le scruto anche negli angoli, anche se sembra proprio che stasera non ci debba essere nessuno di quelli che qualche volta ho frequentato, nonostante ciò non abbia adesso proprio alcuna importanza, visto che in fondo ho deciso di limitarmi a bere soltanto un bicchierino o due, e poi forse semplicemente seguire il gioco di qualcuno da dietro le sue spalle mentre porta avanti la propria partita a carte nella saletta sul retro di questa stupida bettola, dove eventualmente si può puntare anche qualche soldo. Mi invitano subito al tavolo con gesti asciutti ed eloquenti, questo lo capisco, è anche del tutto naturale, ma io rifiuto immediatamente con l’espressione di chi forse si lascia troppo facilmente intimorire, mostrando le mani basse e un sorriso quasi da incompetente, e subito dopo con la calma necessaria mi siedo da una parte.
Tossisco un po’, probabilmente non sono più abituato al fumo azzurro delle sigarette che si innalza svogliato verso le lampadine gialle, ma osservo il gioco e subito so perfettamente cosa farei se solo avessi in mano quelle carte che intravedo da dietro uno di loro. Il cameriere mi tocca ad una spalla, forse mi ha riconosciuto, serve in giro qualche grappa dal sapore secco, e ne dà una anche a me che però devo pagare subito. Cerco i soldi nelle tasche, li appoggio sul vassoio, quello mi guarda come fossero fasulli, poi gira i tacchi con espressione seria e se ne va. C’è un’aria pesante qua dentro, qualcosa che non ricordavo affatto in questo modo, ma non ha alcuna importanza, è il solito vecchio locale di sempre, mi dico, un posto dove ogni sera si portano avanti delle strane commedie sopra questi tavolini, lasciando ognuno di noi a immedesimarci al massimo nelle carte di ogni mano, quelle che rimangono a lungo coperte, facendole decidere di dettarci la fortuna oppure anche il naufragio: però tutto è così, se ci si pensa bene, anche fuori da qua dentro; ed è esattamente come ogni attimo che fingiamo sempre ci appartenga, senza invece conoscerne davvero e fino in fondo l’inafferrabile destino.   


Bruno Magnolfi

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