sabato 10 marzo 2018

Battaglie perse.

           

            Mi sento solo mentre cammino lentamente verso casa, una volta terminate tutte le ore di lezione. Dietro di me sento ancora gli strepiti e le urla di tutti i compagni che ci vengono a studiare in questa scuola, e poi le loro risate nei corridoi, le parole forti, i discorsi fatti senza avere praticamente nessun senso, le loro argomentazioni certe volte buttate là come delle semplici provocazioni, o come certi possibili elementi di riappropriazione o di evidenza delle proprie diverse individualità. Tutto chiaro, tutto comprensibile. Percorro a piedi quasi sempre la stessa via quando esco da là dentro per tornare a casa, salvo ogni tanto girare per qualche strada alternativa, giusto per non sentirmi costretto lungo quel medesimo solito solco. Non ritengo di dover affrontare nessuna fase particolare del mio percorso da ora fino alle prossime settimane, nessun passaggio in cui magari dover esercitare tutta la mia capacità di comprensione e anche di analisi della realtà, eppure mi sento teso, sono proprio nervoso, come se qualcosa di incomprensibile stesse veramente per accadere, o come se io stesso all’improvviso fossi chiamato a prendere importanti decisioni.
           Sono diversi giorni che non esco con Cinzia, e non per un motivo preciso, ma soltanto per semplice indolenza, per la mia incapacità di essere propositivo, e qualcuno mi è persino venuto a dire, senza che avessi chiesto niente, che lei sta uscendo con alcuni amici suoi che io neanche conosco, nonostante tutto questo in fondo non abbia per me alcuna importanza, perché alla fine io e lei che pur siamo solidali su tante cose, ci sentiamo anche delle persone differenti, e non posso certo pretendere che il mio semplice sentire quotidiano sia adesso in qualche modo assimilabile a quella sua evidente sensibilità da imprendibile estroversa. E poi io sono sempre stato solo, inutile illudermi che la mia personalità possa cambiare in questo momento soltanto perché sono suo conoscente. Se fino a poco tempo fa riuscivo ad avere al massimo soltanto qualche scambio di opinione con la mamma, per esempio, adesso è venuto meno persino questo aspetto, e mi sento lontano anche da lei, dai suoi problemi, dai suoi modi sempre più nervosi di comportarsi verso di me.
Nel pomeriggio credo che mi rintanerò come sempre nella mia piccola stanza, a leggere, a studiare, forse a portare avanti qualche disegno, e tutt’al più a pensare alle mie cose, proprio come fossero le più importanti tra tutte quelle che mi passano vicino. Certe volte vorrei proprio perdermi tra gli altri, avere la capacità di dimenticare queste mie solite fissazioni, inventarmi quei gesti che maggiormente mi procurano piacere, come gli scorci di realtà che ho sempre voglia di definire sulla carta sotto forma di ritratto, e lasciarmi andare a quello che a tutti quanti darebbe sicuramente maggior soddisfazione, come fossi esattamente uno di loro, cioè un ragazzo qualsiasi, uno che abita la casa di una famiglia come tante, senza alcuna vera differenza.
Forse oggi pomeriggio potrei andare in biblioteca, a studiare per un po’ su quei larghi tavoli in mezzo a tutte le altre persone che normalmente la frequentano, e poi magari fermarmi qualche minuto nell’ingresso, ad ascoltare cosa si dice in giro tra i ragazzi che sono già degli universitari, per comprendere quali siano davvero gli argomenti forti in questo periodo che a me pare sempre più confuso. Potrei telefonare a Cinzia magari, e chiederle senza mezzi termini di mollare tutti i suoi stupidi amici del momento e di raggiungermi, come per uno slancio di rinnovati sentimenti l’una verso l’altro, e viceversa. Sorrido tra me mentre continuo a camminare: sicuramente non farò niente del genere, è più che evidente, ed il mio almeno per oggi sarà un normalissimo rimetterci tutto di persona, come perdere una qualsiasi battaglia senza neppure tentare di difendersi. Cambierò comunque, uno di questi giorni, ne sono già sicuro.

Bruno Magnolfi


Nessun commento:

Posta un commento