lunedì 24 settembre 2018

Avvistamenti segreti.



17 settembre
Non so cosa succede. Io mi sento bene, come sempre; però la signora Martini al negozio mi guarda con un’aria strana, come se avesse qualcosa in mente che vuole assolutamente tenere nascosta
18 settembre
Sono andata al negozio alla stessa ora di tutti i giorni, e la signora Martini ha detto con un’espressione di rimprovero che qualche volta potrei arrivare anche un po’ prima, come se non avesse stabilito lei i miei orari. Sono due giorni che non parlo con la mamma, e non ricordo neanche più il motivo per cui proseguiamo a tenerci il broncio in questo modo. Per delle sciocchezze forse, come sempre.
19 settembre
Ci sono dei giorni in cui mi sento giù. Non sono le risposte sgarbate che certe volte mi danno le clienti del negozio, e neppure mia madre con i suoi modi sempre un po’ scostanti. È qualcosa che sento dentro di me, come un bisogno di spezzare in una volta sola tutti questi comportamenti abitudinari. Un ragazzo oggi mi ha fermato simpaticamente con una scusa per la strada. Lo conosco di vista, credo abbia almeno un paio d’anni meno dei miei, però mi ha chiesto se non volessi farmi vedere qualche volta alle panchine davanti al bar Soldini, tanto per stare insieme alla combriccola di paese che si ritrova sempre lì, specialmente al sabato. Forse sono troppo grande per queste cose da ragazzi ho pensato, però gli ho sorriso ed ho detto ringraziandolo che andava bene, e che ci avrei riflettuto. Però non è facile per una come me che è sempre stata a casa con sua madre, farmi vedere all’improvviso in un posto come quello dove so che tutti stanno sempre a ridere e a prendersi in giro. Mi pare un salto troppo grande, troppo frettoloso. Ma tutto questo non l’ho detto a nessuno, me lo sono tenuto soltanto per me.
20 settembre
La signora Martini ha detto che le piacerebbe parlare con la mamma, ma non mi ha spiegato perché. Non ho fatto niente di diverso da sempre in questi giorni, sono tranquilla. Però la signora Martini appare sempre più strana, ed un paio di volte l’ho sorpresa a guardarmi di nascosto, cosa che non era mai successa, almeno mai che io ricordi.
21 settembre
Due ragazzi sono venuti a guardare la vetrina del negozio, senza interessarsi d’altro se non del fatto che io fossi dentro a lavorare. Quando alla fine del pomeriggio io e la signora Martini abbiamo chiuso, loro erano lì, come ad aspettarmi. Mi sono venuti vicino, mi hanno chiamata per nome, ed hanno detto senza ridere che mi aspetteranno, al bar Soldini, appena sarò pronta.
22 settembre
Ogni volta che scendo dalla macchina per entrare nel negozio, o quando apro la macchina per mettere in moto e tornarmene a casa, ho sempre l’impressione che ci sia qualcuno ad osservarmi. Non ho paura, tutt’altro. Improvvisamente mi sento importante, e questo quasi mi piace.


            Bruno Magnolfi



martedì 18 settembre 2018

Parte debole.


          

            Ci sono giorni in cui tutto mi appare distante, persino estraneo talvolta. Mi aggiro scivolando in religioso silenzio tra il nostro salotto del piano terra e la piccola serra curata che adoro, ricavata com’è su di un lato della spaziosa e luminosa veranda, all’interno di questa casa edificata appena fuori mano rispetto al piccolo paese vicino, dove la nostra famiglia però abita praticamente da sempre, ed è così che mi perdo nel tempo allentato di alcune preziose mezz'ore sottratte ai miei compiti, magari soltanto per osservare la costola di un libro di cui forse non riesco neppure in questo momento a ricordare con precisione il contenuto preciso, oppure nel muovermi con calma in mezzo a tutte queste mie piante, dove in ogni stagione si trova quasi sempre qualche nascosto fiorellino meraviglioso che mostra di voler ancora sbocciare. Clara in genere sta su, in camera sua, almeno negli orari in cui non deve recarsi a dare una mano alla signora Martini, la proprietaria del negozio di mercerie che rimane quasi sulla piazza del centro abitato, perdendosi spesso in qualche lettura leggera e sicuramente di scarso impegno. Forse qualche volta addirittura mi osserva con sguardo pressoché immobile dalla sua luminosa finestra, probabilmente proprio mentre mi muovo nel nostro giardino, dando le spalle alla casa durante le piccole attività che mi assorbono, intenta come sono a sistemare le piante per farle crescere nel migliore dei modi, anche se poi a me non importa che lei mi sorvegli, anzi, va bene così.
            Mi sto convincendo sempre di più che era tutto estremamente diverso quando Ernesto era ancora qui insieme a noi, anche se adesso non saprei proprio elencare le vere differenze che con la memoria riesco addirittura a registrare con una certa difficoltà tra le mie riflessioni. Mi sorprendo quasi nella ricerca di rinviare sempre a più tardi le scoperte piacevoli e facili che potrei senz’altro fare anche troppo di fretta, come per allungare il più possibile tutti i pensieri che ancora trattengo quasi con gelosia dentro di me, ricordi sparsi di tutti questi anni trascorsi con mio marito soprattutto all’interno di questa nostra casa accogliente e piacevole. Forse le reali variazioni che in questi momenti mi sembrano più importanti in senso assoluto, se ci rifletto per bene, stanno avvenendo esclusivamente dentro di me, ne ho quasi certezza, pur a distanza di tutto questo tempo che trascorre incessante, insieme al bisogno che sento sempre più forte di non rassegnarmi troppo alla monotonia che vivo da quando lui non c'è più, ed in questo modo riesco a sentirmi certe volte quasi a disagio, nonostante tutto ciò che normalmente  mi passa dentro la mente non mi spinga per nulla a cambiare qualcosa di particolarmente essenziale all'interno delle mie giornate simili e lente.
            Poi Clara scende, mi chiede magari se ci sia da occuparsi di qualche acquisto giù al market oppure in qualche altro negozio, quindi si infila nella rimessa, e con calma mette in moto l’automobile della nostra famiglia, che oramai, visto che io negli ultimi tempi non mi fido a sufficienza dei miei riflessi, adopera lei quasi esclusivamente, e dopo avermi salutato indicandomi l’ora prevista per il suo ritorno ecco che compie la curva e poi se ne va, lasciandomi sola custode di tutta la nostra abitazione. Non mi interessa di ciò che si dice in paese di me o anche dei miei comportamenti. So che quando mi trovo a camminare lungo quei marciapiedi del centro abitato, ci sono certe persone che incontrandomi mi lanciano un saluto soltanto per un sentimento di puro dovere, e quasi nessun sorriso che non sia di cortesia viene espresso nei miei confronti, a meno che non stia passeggiando insieme con Clara, che immagino appaia sempre a chiunque la parte più debole della nostra famiglia, quella da apprezzare perciò con forza maggiore.

            Bruno Magnolfi  
           

lunedì 10 settembre 2018

Monotonia.




Non c’è niente da fare, penso; ormai devo proseguire lungo la strada che ho intrapreso, che mi piaccia o meno. Forse qualche tempo addietro avrei ancora potuto tentare di fare qualcos’altro, invece di occuparmi soltanto di queste emerite sciocchezze. Certe volte mi sono anche giustificato in qualche modo, dicendomi che qualcuno doveva pur fare le cose che stavo facendo in quel momento, però alla lunga un’interpretazione del genere non regge, me ne rendo conto, e tutti i nodi che sono riuscito ad elaborare poco per volta alla fine vengono al pettine.
Quindi eccomi qui, sospeso tra tutte le mie abitudini ed una solenne incapacità ad affrontare nuove situazioni.  Cammino per strada con le mani sprofondate dentro le tasche e guardo ciò che c’è attorno a me come un viaggiatore stanco e svogliato che cerca di memorizzare ancora qualcosa di quello che riesce a intravedere. Mi ferma un tizio che conosco facendomi già da lontano un gran saluto, così gli dico subito che ho fretta per cercare di non perdere troppo tempo, ma quello mi chiede se mi vada di mettermi con lui per affrontare una faccenda nella quale c’è da mettersi in tasca un  po’ di soldi.
Lo guardo subito con interesse, lui dice che non si può parlare in mezzo ad una strada, e quindi mi trascina in un caffè poco lontano dove individuiamo un tavolo libero in un angolo.  Mi mette a parte, con poche parole e molti gesti, di una combinazione per cui fingendo di acquistare una certa cosa potremo rivenderla velocemente guadagnandoci una somma, e a me sembra tutto liscio e lineare: lui è conosciuto nell’ambiente, ma essendo io una faccia nuova posso presentarmi senza problemi e portare in fondo senza difficoltà la trattativa. Non ho molto da perdere, penso, così accetto con riserva, anche perché vorrei pensarci almeno un giorno intero prima di dedicarmi davvero a questo lavoretto.
Ci rivediamo il giorno seguente e lui mi porta delle carte; sembra tutto a posto, io devo soltanto presentarmi ad un certo indirizzo e spiegare in breve che mi interessa acquistare un determinato immobile. Appena firmati i primi documenti non resta che rivendere tutto quanto ad una terza persona che lui conosce e a cui interessa molto l’acquisto di un edificio di quel genere, tanto che con pochi passaggi a noi resta soltanto trattenere una bella fetta di questa piccola torta. I soldi da parte nostra non ci sono, è evidente, ma tirando fuori alcune carte che il mio conoscente ha messo a punto, ci vorrà diverso tempo prima che si scopra che il conto su cui sono depositati è assolutamente vuoto, ed a quel punto con una semplice transazione potremo sistemare ogni particolare.
Mandiamo avanti velocemente questa trattativa, e le cose filano subito per il verso giusto, tanto che al momento giusto il mio conoscente fa saltare fuori il compratore subito entusiasta della cosa, e tutto in breve si sistema. Ci dividiamo i soldi qualche tempo dopo infilandoci dentro al solito caffè, e poi ci salutiamo come se non ci fossimo mai neppure conosciuti. Adesso posso davvero intraprendere qualcosa, penso camminando per la strada, ma non mi viene a mente niente, se non tornare velocemente alle solite cose di ogni giorno.

Bruno Magnolfi