martedì 31 gennaio 2023

Comprensione dei motivi.


            Giungono ogni tanto anche certi giorni un po’ particolari, dei momenti almeno in parte differenti da tutti gli altri, durante i quali il mio ordinario starmene come sempre per mio conto a svolgere le solite risapute operazioni, mi porta verso dei pensieri insoliti, quasi fuori dall’ordinario. Mi chiedo in questi casi se fosse stato veramente proprio questo alla fine il compito finale assegnato a me per invariabile decisione, o se invece sarebbe stata sufficiente, da parte mia, una piccola presa di posizione diversa, magari data da una stupida passione, o da qualcosa maturato addirittura negli anni della gioventù, per farmi scoprire cose del tutto differenti, addirittura delle vocazioni nascoste che avevo dentro me stesso e a cui forse non sono mai riuscito a dare peso. Era probabile stagnassero dentro il mio spirito certe abilità che non ho mai saputo neanche di avere, come un talento innato che non sono stato capace di praticare, restando, al contrario, sempre fedele alla mia principale attività, sostanzialmente legata a quello che mi è stato suggerito all'epoca da qualcuno pratico a cui forse non interessava proprio niente dei miei sogni e delle mie idee. Ci si vanta spesso di non avere dei rimpianti, ma nel mio caso non so e non capisco se fosse stato il caso di coltivare maggiormente certe affinità, oppure se è sempre stato un bene cercare di evitarle. Adesso non saprei dire che cosa avrei potuto sperimentare, in ogni caso non ho avuto vicino mai nessuno pronto a stimolare la mia curiosità, e questo è stato più che sufficiente a lasciarmi intraprendere la strada più retta e semplice a cui mi sono presto adattato. Entrai da ragazzo in questa azienda delle Poste per fare il portalettere, ed in tanti anni di esperienza non mi pare sia cambiato mai niente nella mia attività. Nel paese tutti mi conoscono come il postino, ed io sorrido quando mi salutano, orgoglioso di quello che rappresento.

            Avrei potuto dipingere, o fare il musicista, non so; magari studiare, se i miei genitori avessero avuto i mezzi per permettermi di farlo. Ed in quel caso probabilmente avrei scelto di inoltrarmi in una carriera pratica, come quella del geometra, o dell’architetto, oppure diventare un ingegnere edile. Se ci penso, qualcosa sembra mancarmi, anche se probabilmente niente sarebbe mai cambiato nella mia indole, ed alla fine devo riconoscere che se sono rimasto pe tutto questo tempo a consegnare la posta alle persone, è stato soltanto perché non mi sono mai seriamente preoccupato di far altro. Forse, al momento giusto, sarebbe stata una semplice questione di volontà, di entusiasmo, di voglia smisurata di intraprendere qualcosa, fino a risvegliare tutte le energie possibili per ottenere ciò verso cui avrei potuto mirare, anche parlandone in giro con qualcuno, lasciandomi aiutare volentieri da chi mi conosceva, ma anche da chi trovava d’improvviso nelle mie parole qualcosa di importante, di fondamentale, come l’apertura di una nuova strada, pur difficile, per un ragazzo pieno di passione, che probabilmente sarebbe riuscito facilmente e con ottimi risultati nel suo intento.

            Non ha alcun senso riflettere tutto questo, mi dico. Eppure, non riesco proprio ad immaginare in qualche caso di poterne farne a meno, e la mia fantasia mi porta subito a proiettarmi verso scene surreali di cui effettivamente non ho mai neanche tentato di far parte. Mi capita certe volte di dover consegnare dei libri richiesti per mezzo postale ad esempio, ed allora, mentre pedalo sopra la mia bicicletta nell’aria frizzante della mattinata, mi trovo dentro di me a fantasticare su quale prezioso scrigno potrebbe addirittura dimostrarsi anche un solo volume di racconti, di poesie, di pensieri, anche di semplici ricordi, e mi viene da sorridere nel desiderio di conoscere cosa possa essere nascosto in mezzo a quelle pagine. Che cosa importa, mi dico ancora: la mia vita è segnata, il mio mestiere mi permette di mandarla avanti nella piena tranquillità, non ho alcun bisogno d’altro, i miei pensieri stravaganti sono soltanto una maniera per riempire questo vuoto che a volte mi prende mentre pedalo, tra il saluto di una persona conosciuta che mi capita d’incontrare e l’altro, come un lento nastro che si svolge ogni giorno a velocità costante, in maniera quasi identica ogni volta.

            Forse il vero terrore che prende certe volte chi come me sta mandando avanti una vita lineare, senza mai alcuno scossone, è quello di dover affrontare prima o dopo, non per propria volontà, dei cambiamenti. La monotonia dei giorni, in persone come me, diventa presto una culla dentro cui distendersi nella piena tranquillità, evitando di trovarsi davanti scelte e variazioni che appaiono colme di grande sofferenza per chi le deve compiere. Perciò, so che se anche ci saranno dei cambiamenti nel prossimo futuro all’interno della sede postale del mio piccolo paese, eviterò persino di cercare di comprendere quali potranno essere, ed in che modo potranno mai riguardarmi. Svolgo da sempre il mestiere del portalettere, ed il mio più profondo desiderio, oltre i sogni ad occhi aperti che cerco sempre di tenere confinati in una zona ben circoscritta della mente, è quello di poter proseguire a farlo, come sempre, magari senza neppure tentare di comprenderne il vero motivo.

 

            Bruno Magnolfi

giovedì 26 gennaio 2023

Comportamento apprezzabile.


            Certe volte, specialmente qualche anno fa, mi sono sentito isolato. Non perché non avessi le giuste conoscenze o non potessi contare sull’appoggio di molti per le mie pur limitate cariche politiche, quanto perché difficilmente sentivo una grande sincerità nelle espressioni anche di chi mi sosteneva. Mio padre, prima della guerra, era un convinto fascista, uno che per tutta la vita, perfino poco prima di morire, non si era mai pentito delle proprie idee, neppure quando era diventato davvero difficile ostentarle, ed io con coerenza ho sempre seguito i suoi insegnamenti, iscrivendomi ai partiti di destra fin da ragazzo. Eravamo due fratelli ed una sorella più piccola in famiglia, e se lei non ha mai contato niente, limitandosi a servirci tra le mura di casa, noi due invece cercavamo sempre di sgomitare per farci strada, tanto da prendere interminabili discussioni con tutti in paese, anche per strada o davanti al caffè della piazza principale, fino a sorridere quando qualcuno giungeva persino a minacciare la nostra incolumità. Ci sentivamo forti da ragazzi, il mondo per noi era fatto per chi aveva il coraggio di prenderlo, e gli altri, secondo il nostro parere, potevano soltanto abbassare la testa e starci a guardare. Le nostre idee erano quelle di chi affronta la vita a testa alta, e non prova minimamente paura di fronte a nulla. Mio fratello poi conobbe una ragazza, e poco dopo la sposò, come si faceva a quell’epoca. Fui contento per lui, anche se mi sentii vagamente tradito.

            Io invece sono sempre rimasto da solo, forse per poter dimostrare che si poteva vivere tranquillamente anche così, ma quando infine nacque mio nipote Alberto mi commossi profondamente, e forse vacillai nelle mie convinzioni. Fui eletto poco più tardi come vicesindaco e assessore al bilancio ed alle attività produttive del mio piccolo paese dove ho sempre vissuto, naturalmente in una coalizione di destra, e lì cercai di dare seguito alle mie idee, soprattutto nella convinzione di incarnare il pensiero dei molti cittadini che mi avevano votato alle elezioni. In molti immediatamente si fecero avanti a chiedermi un aiuto, o a strapparmi una promessa, oppure spavaldamente a domandarmi di far loro dei favori in un campo o nell’altro, ed io con quasi tutti cercai di essere prodigo nelle mie possibilità, spesso dando la spinta che mancava a coloro che avevano il coraggio di venirmela a chiedere. Il sindaco, di un partito più moderato del mio, qualche volta mi consigliò schiettamente di mantenere una maggiore integrità, e di non cedere alle lusinghe di chi accarezzava il potere solo per servirsene. Ed in quel periodo, parlando con mio nipote Alberto, in cui avevo confidato molto per la prosecuzione del buon nome della nostra famiglia, e osservando certe volte come si fosse dimostrato privo di interessi e di spina dorsale - prima nei falliti studi scolastici, poi nella ricerca di un posto di lavoro - mi convinsi che a malincuore avrei dovuto aiutarlo, anche per dimostrare che ancora riuscivo ad avere molto credito, almeno in certi ambienti.

            Mio fratello si mostrò felice del mio interessamento, mentre lo stesso Alberto, che fino a quell’attimo aveva trascorso il suo tempo insieme a certi amici ugualmente smidollati, e senza combinare mai niente di buono, accettò senza alcun entusiasmo il posto di impiegato degli Uffici Postali nella sede più vicina possibile alla sua abitazione. Da quel momento, com’è naturale per uno come me, presi a disinteressarmi quasi completamente della sua condotta, spiegando a mio fratello che restavo comunque deluso da quel comportamento ingrato di suo figlio, e che non avrei fatto nient’altro per lui, lasciando che se la sbrigasse da solo con quel mestiere che avevo messo a sua disposizione. Ricordo che uscendo dalla loro casa quel giorno, dopo aver spiegato bene le mie ragioni, provai per la prima volta un forte senso di distanza dalla mia famiglia, come se quegli accadimenti avessero iniziato a separare perfino le idee che io e mio fratello avevamo sempre avuto in comune. Mia sorella invece, segnata nel fisico da una malattia purtroppo seria, aveva dovuto accettare di venire ad abitare nel mio appartamento, considerato che come me non si era sposata, ed aveva alloggiato con i nostri genitori fino a quando loro erano venuti a mancare. Con lei, per tutto questo tempo, praticamente non ho mai parlato, neppure adesso, limitandomi semplicemente a chiederle di stirarmi una certa camicia, o di preparare qualcosa di preciso per pranzo. Però ho scoperto da poco che ha tenuto nascostamente dei diari molto ben dettagliati di tutti i suoi pensieri e delle piccole attività casalinghe che ha svolto, ed io adesso mi sento curioso di leggerli, anche se non trovo il coraggio di chiederle una cosa del genere. Forse lei mi odia, ho pensato qualche volta, ma in un modo talmente soffuso da essere sempre stata capace di non far trapelare mai nulla dei propri sentimenti. E questo, comunque sia, lo trovo apprezzabile.

 

            Bruno Magnolfi

venerdì 20 gennaio 2023

Grande scenografia.


            Negli ultimi tempi, mi capita di sentirmi strano certe volte, magari proprio quando sto qui, tranquillo, nelle mie due stanze ricavate nell’ampia soffitta dell’abitazione di Bientina dei miei genitori. In alcuni casi giungono fin qui gli echi incomprensibili delle loro discussioni dal piano inferiore, ma questo ormai non fa più notizia, e poi in quei casi sono subito pronto a mettere su della musica ad alto volume per coprire ogni disturbo. Spesso parlano di me, ne sono sicuro, e prendono immediatamente differenti posizioni. Mia madre mi difende, nel momento in cui mio padre invece urla ancora qualcosa contro di me, con i suoi modi sempre aggressivi e pesanti che ha sempre usato nei miei confronti. Le cose per qualche mese parevano essersi attenuate da quando ho iniziato a lavorare alle Poste di Calci, ma rapidamente poi hanno invece ripreso il loro normale andamento, tanto da farmi desiderare spesso di prendere la porta e uscire di casa, anche se spesso non ne sentirei neppure troppa voglia. In quei casi, comunque, arrivo a piedi fino alla birreria di Luca, dove generalmente staziona qualcuno dei miei amici, e lì tiro tardi per tutta la serata, lasciandomi alle spalle qualsiasi preoccupazione. Adesso che mi sono fatto procurare la tessera sindacale però, mi sento diverso. Non ne ho parlato ancora con nessuno, e sinceramente spero che a nessuno venga mai in mente di spifferarlo ai miei genitori: sarebbe sicuramente guerra aperta tra me e la mia famiglia, che è sempre stata compatta nelle proprie idee politiche di destra.      

            Non so neppure perché ho compiuto questo passo: in fondo, se anche dalla Direzione Provinciale, come si vocifera nelle ultime settimane, decidessero di chiudere l’ufficio di Calci e di spostarmi nella sede più vicina, a me non cambierebbe molto. Però ad un certo punto mi sono come sentito nelle condizioni di prendere una posizione più precisa, forse anche nei confronti dei miei colleghi di lavoro, e poi mi è parso finalmente di compiere un gesto tutto mio, qualcosa di personale, da non dover mescolare praticamente con nient’altro. Persino i miei amici sarebbero pronti a ridere di me, della mia scelta, ne sono più che sicuro, se soltanto sapessero quello che mi sta passando per la mente. Sono tutti degli scansafatiche loro, esattamente com’ero io fino a poco fa, anche se adesso mi sento più inserito, almeno in questo mondo dei servizi. Bargiacchi, che mi ha fatto avere la tessera del suo sindacato di sinistra, non mi ha chiesto nulla, anche se mi ha guardato in una maniera piuttosto strana. Io gli ho soltanto detto che qualsiasi comunicazione o invio postale della rivista o di altre cose del genere, deve essere spedita all’indirizzo dove lavoro, e in nessun caso a domicilio, e lui ha sorriso, essendo indubbiamente a conoscenza della mia situazione. 

            Ho chiesto a Laura, la mia collega, di vederci di nuovo, se le va, e per adesso lei non mi ha risposto, anche se sono convinto che sia curiosa di sapere quali motivi mi hanno spinto a prendere una posizione di questo genere nei confronti del lavoro. Ho sentito dire che i tesserati passano da osservati speciali da parte della Direzione delle Poste, ma a me non interessa nulla: se le cose devono andare avanti, penso, è bene per me che io le spinga ancora oltre, magari fino agli estremi. In me non avverto alcuna contraddizione, sento al contrario di diventare sempre di più una persona, un tizio che finalmente prende per sé qualche decisione. Vorrei perfino spiegarlo a Laura, se me lo permette, questo pensiero di fondo che sta prendendo campo dentro la mia testa: <<mi sento in equilibrio>>, vorrei dirle; <<e poi ero talmente vuoto di pensieri, da tendere adesso sempre di più a lasciare da parte le mie cose personali, e preoccuparmi d’altro, forse anche degli altri, e persino di cose che probabilmente non mi toccano neppure>>. Forse lei non capirà il mio punto di vista, però io vorrei provare comunque a dirglielo, a spiegarmi, perché mi pare che tutto questo, mentre sta accadendo, non so perché o in quale maniera, ma sta addirittura cambiando persino il mio modo di guardare tutto il resto. Sto male a casa dei miei, questo è chiaro; ma non sto più tanto bene neppure quando sono insieme ai miei amici, che scherzano su tutto e di tutto trovano da ridere. 

            Forse non ho neppure un vero amico; probabilmente non ne ho avvertito mai una reale necessità. Eppure, in questo momento, avverto la voglia di parlare, di spiegarmi, di dire tutto quello che ho trattenuto dentro me stesso per tutto questo tempo. Forse sarebbe addirittura salutare per me cambiare sede di lavoro, e conoscere così persone nuove, colleghi differenti, diversi punti di vista. Se anche non accadesse nulla a breve da parte delle Poste, potrei sempre fare domanda per essere trasferito in un altro ufficio, magari anche più grande, a Pisa stessa forse; e così venire a contatto con nuovi e differenti personaggi, in questa specie di grande scenografia.

 

            Bruno Magnolfi

         

lunedì 16 gennaio 2023

Chilometri da fare.


            Ci sono nato, in questo paesino di provincia, e quando giungerà il mio momento sicuramente ci dovrò morire. L’ho odiato, quando ero un ragazzo, e tutte le volte che mi era possibile me ne andavo via, con i miei amici certamente, ma anche da solo, a cercare chissà cosa persino non troppo lontano, a Pisa magari, che invidiavo perché era sempre piena di studenti, oppure al mare, poco più avanti, ogni volta che la stagione era propizia. Mi andava stretta questa maniera di conoscerci tutti e di sapere qualsiasi cosa l’uno dell’altro, e quegli sguardi di qualcuno, lungo la strada principale, magari mentre stazionavo davanti alla Casa del Popolo, che mi davano già uggia anche soltanto a immaginarli. Le ragazze mi piacevano, però ero un po’ timido, anche se sapevo che con una di loro, forse quella giusta, avrei potuto andarmene ancora più lontano, e chissà per quanto tempo. Andare dove poi, questo non sono mai riuscito a stabilirlo, ma forse mi sarebbe bastato abbandonare Calci, almeno giungere in un luogo dove nessuno mi aveva conosciuto fino all'ora. Poi però iniziai a lavorare; avrei tanto voluto entrare come operaio alla Piaggio, a Pontedera, ma la mia domanda non venne mai presa in considerazione, così iniziai a dare una mano ad un amico di mio padre, nell'unica officina d'auto del paese. Il fascino della grande fabbrica era forte, ma a quell'epoca mi feci bastare i cambi d'olio dei motori, e le riparazioni elementari su macchine stravecchie, fantasticando di essere in una grande azienda, dove, cascasse il mondo, suonava la sirena, e gli operai andavano a pranzo tutti assieme.

            In un piccolo paese poi, basta avere avuto una compagna delle scuole che all’epoca ti piaceva un po’ di più di tutte le altre, e quando infine la incontri di nuovo vedi subito che adesso è già più grande, più donna, quasi attraente, così la inviti fuori, e allora bastano appena due o tre volte, affinché tutti quelli che incroci stiano pronti lì a strizzarti l’occhio, tanto che sembra tu abbia già fatto la scelta della vita. Ti ferma per strada qualcuno che neanche conosci, ti dice qualcosa di Annarita, e allora all’improvviso non hai più neppure bisogno di spiegarti, le cose sono già composte, difficilissimo tirarsi indietro, se anche minimamente lo desiderassi. Il resto, in pratica a cascata, va avanti quasi da sé, senza alcun bisogno che ti metta a pensarci troppe volte, tanto che di colpo sei un giovanotto come tutti che sta per metter su casa e famiglia con una del paese. Non c’è più alcuna possibilità di tirarsi indietro, e allora dimentichi forzatamente qualsiasi desiderio avessi avuto in precedenza, anche se comunque in qualche modo ti senti soddisfatto di quello che ti sta accadendo, e praticamente ti immagini completato da un rapporto così bello che non avresti potuto desiderare meglio nella vita.

            In fondo, chi se ne importa di lavorare a Pontedera, o di qualche sogno di ragazzo che adesso non ricordi neanche più, e che sei pronto subito a smentire con chiunque, casomai te ne chieda qualche notizia. Non c’era niente di serio, e neppure di importante, le tue giornate adesso sono segnate, non c’è più alcuna possibilità di immaginare altro. L’odio per il tuo paese di provincia è oramai alle spalle, dimenticato, fa parte forse del retroterra di qualsiasi ragazzo della zona, come qualcosa che sembra inevitabile per chi nasce in un posto come questo. Le cose vanno avanti, e alla fine ti contenti di quello che sei riuscito a costruire, anche se riesce a dimostrarsi esattamente quello che tutti quanti si aspettavano da te, fin dagli inizi. Ma cosa importa, poco dopo appaiono i ricordi, la nostalgia per qualcosa mai successo, e le piccole soddisfazioni di ogni giorno. Ricordi un elemento vago, nell’ombra appannata dei pensieri, quando stai da solo: forse un’idea, una sfumatura, un’espressione; magari un viso, di qualcuno che è sparito a un certo punto, o di quella ragazza che una volta ti ha sorriso, e tu non hai capito sul momento cosa mai volesse farti capire.

            Poi arriva uno che conosci e che ti porta i suoi saluti, e tu resti come un ebete, immaginando di riavvolgere di colpo questi vent’anni o trenta, e di tentare l'inseguimento di quello che avrebbe anche potuto essere, con lei che adesso sai che vive in una grande città molto lontana, dove sicuramente non le manca niente di quello che avresti potuto mai desiderare. Eppure, lei trattiene ancora dentro di sé un ricordo simile al tuo, e d’improvviso sa esprimerlo al meglio, come se ci fosse stato un sogno a colori fatto assieme, in chissà che notte, nella completa assenza della luna e delle stelle. Non importa, va bene così, l’immaginazione a volte porta lontano, anche se i tuoi pensieri proseguono a svilupparsi mentre di nuovo fai soltanto un cambio d’olio, o una semplice riparazione su una macchina di terza mano, che non avrà ancora molti chilometri da fare.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 7 gennaio 2023

Niente di male.


            Quando desidero pensare qualcosa intensamente, mi piazzo ferma, da sola, quasi senza respirare, ed è durante un momento del genere che sento di poter spaziare su tutte le mie possibilità, fino a trovare esattamente la soluzione che sto cercando. Lo so, spesso non è la cosa giusta quella che scopro in questo modo, ma in ogni caso probabilmente non saprei fare di meglio, perciò mi sento bene ugualmente, anche se poi, grazie a questa fiducia, cado spesso in qualche banale errore. Non mi piace la solitudine, però so che è l'unico stato in cui riesco ad essere me stessa, senza dover parlare di continuo, come invece faccio spesso per farmi apprezzare da tutti. Sono contenta quando qualcuno dice di me che sono simpatica e che ho sempre un'opinione su qualsiasi argomento. Invece personalmente tendo a scansare gli immusoniti, coloro ai quali, anche se gli chiedi semplicemente come vadano le cose, ti rispondono a malapena con un grugnito, senza neanche guardarti, mentre tengono la testa incassata nelle spalle, quasi a protezione di chissà che cosa. Qualcuno dice di me che sono una persona solare, ma la mia è soltanto una maschera, una maniera per essere facilmente accettata da chi mi sta vicino. Poi, nel momento in cui ripenso a tutte le cose che ho detto alle persone che ho incontrato durante una sola giornata, mi viene persino da ridere, anche se in questa maniera riesco sempre ad invogliare tutti a parlare con me, e a farmi dire un sacco di cose che certe volte riescono anche ad essermi utili.

Quando poi rientro nella casa dei miei genitori dove ancora abito, spesso cerco di essere poco loquace, ma almeno con mia madre devo per forza spiegarle chi ho incontrato sul lavoro, o che cosa è successo là in ufficio, sempre che sia successo qualcosa, perché altrimenti lei sicuramente ci rimarrebbe male, e poi mi porrebbe un sacco di domande. A mio padre però non piacciono troppo i discorsi, per cui se lui è in giro dentro casa parlo persino a voce più bassa, per cercare di non irritarlo. Lui pensa che una donna della mia età dovrebbe essersi già fatta una famiglia propria, aver avuto magari anche dei figli, e non comprende affatto come le cose oggigiorno siano cambiate in questo senso, e certi valori non abbiano più un grande significato, al punto di non essere capaci di interessare davvero qualcuno, e in giro non ci sia alcuna volontà di impegnarsi in certe scelte così complicate. Mia madre alza le spalle, pensa che suo marito sia soltanto un uomo antico, che non sia in grado di comprendere il mondo attuale, ma in cuor suo io so che le piacerebbe avere dei nipoti, e anche vedermi sistemata insieme ad una persona che mi vuole bene, e fosse disposta a mettere su una casa insieme a me.

Quando vengono sfiorati questi argomenti, naturalmente io sorvolo su tutto quanto e cambio rapidamente il tema, oppure con una scusa vado a chiudermi subito dentro la mia stanza. Non mi ci vedo, non mi ci sono vista mai, nel tirare su una famiglia per conto mio; mi pare anzi che il mio scopo sia semplicemente quello di rimanere un'eterna ragazza, disposta ad accudire i propri genitori nel momento in cui per loro la vecchiaia inizierà col mostrare i primi acciacchi. E poi anche Elena, la mia amica di sempre, pensa le mie stesse cose esatte, tanto più che se abbiamo avuto nel passato qualche storiella senza troppa importanza con qualche ragazzo scapestrato del nostro paese, di fatto adesso abbiamo scelto di essere libere, senza alcun coinvolgimento sentimentale o di altro tipo. Non è facile farlo capire a tutti, come quei vecchietti che vengono all'ufficio postale, ad esempio, e quando non ci sono altri clienti si fermano volentieri allo sportello a fare conversazione, e spesso mi chiedono ridendo qualcosa della mia vita privata, come se il matrimonio fosse l'unico punto di arrivo per qualsiasi donna. Io sorrido, mi schernisco, dico sempre che ci sarà tutto il tempo che si vuole prima di fare certe scelte, e loro forse si convincono che io abbia molti anni di meno rispetto a quelli che dimostro.

Poi arriva questo collega di cui non so quasi niente, e mi chiede insistentemente con dei sotterfugi di uscire insieme a lui. Resisto, cerco di ignorarlo, però sappiamo tutt'e due che alla fine dovrò cedere, anche se naturalmente nessuno deve scoprirlo. Non lo so se mi piace: è un tipo ombroso, nell’ufficio postale viene scansato quasi da tutti, e poi ha diversi anni più di me, non capisco neppure di che cosa ci potrei parlare. Lo lascio perdere, anzi, lo ignoro, così come mi riesce bene quando mi incaponisco ad essere scontrosa, ma alla fine gli dico che va bene, ma giusto per fare un giro in macchina senza troppo impegno, e magari fare un po’ di conoscenza. Non ne sono troppo contenta, ma ormai gli ho detto in questo modo, e poi non c’è niente di male se due persone vanno una sera in un locale a bere qualcosa assieme, penso.

 

Bruno Magnolfi

          

lunedì 2 gennaio 2023

Poche possibilità.


            “Quando sono da sola mi sento perduta”, pensa lei a volte, in quelle occasioni in cui sa con certezza che anche quella sera suo marito tornerà a casa tardi, impegnato in qualche inevitabile riunione sindacale. “Potrei sempre telefonare a qualcuno, certo; e magari fare qualche chiacchiera all’apparecchio, tanto per trascorrere un po’ di tempo; però non avere nessuno intorno a me, è in grado di farmi abbattere immediatamente, e questo forse significa che non riesco in certi casi a mantenere un grande equilibrio interno”. Gira per casa, Renza, cerca di occuparsi di tutto ciò che le viene a mente, impegnandosi in ogni piccola attività come fosse la cosa più importante in assoluto. Poi si siede davanti alla televisione perennemente accesa, anche se sembra proprio non le interessi quasi niente di ciò che viene trasmesso. Potrebbe uscire, prendere la sua piccola utilitaria e farsene un giro, magari fare persino una visita a qualcuno che conosce, così, per fare una sorpresa. "Ho la mia casa", pensa invece, "non mi piace che la gente pensi che io trascorro da sola certe serate".

Infine decide di arrivare a piedi fino alla Casa del Popolo, dove qualche volta fanno il gioco della tombola, anche se non si sente del tutto convinta. "Vorrei avere qualcosa da fare in queste serate; magari portarmi a casa del lavoro, qualche tabulato più urgente da riguardare, la Vanni ne sarebbe sicuramente felice, e così poter trascorrere la serata impegnandomi almeno in qualcosa di utile per tutti. Oppure sarebbe bello avere un'amica con il mio stesso problema, e con lei andarmene ad un cinema, o a vedere uno spettacolo da qualche parte. In fondo non sono ancora talmente vecchia da ridurmi a giocare a tombola alla Casa del Popolo, e poi se devo essere sincera non ne ho neppure voglia". Perciò toglie il giaccone che aveva già indossato, mette tutto a posto, poi torna a sedersi e a riaccendere immediatamente la televisione che precedentemente aveva spento.

"Niente certe volte sembra tanto difficile come il decidere in quale maniera impiegare il proprio tempo"; ad un tratto Renza si siede, apre una rivista settimanale di attualità che suo marito acquista regolarmente, e così si perde per qualche minuto nello sfogliare quelle pagine. Ma infine torna ad indossare il suo giaccone, e ad uscire da casa senza neanche sapere verso dove dirigersi, anche se in un attimo, ancora prima di riflettere, è già sul marciapiede deserto, come prigioniera però di un piccolo paese che non sembra proprio offrire niente, almeno in certe serate. Decisa, si dirige a piedi verso la piazzetta principale, mentre le luci dei lampioni lasciano cadere su di lei come una luce malata, mostrando tutta la loro inconsistenza. Si siede su una panchina, si osserva attorno, poi un uomo, uscito dalla vicina Casa del Popolo, col passo calmo, le mani sprofondate nelle tasche, e l'espressione quasi indifferente, si avvicina con tranquillità, e poi la saluta, riconoscendo in lei un'impiegata dell'ufficio postale locale, chiedendole senza curiosità se vada tutto bene.

<<Si, grazie>>, fa subito Renza mentre si stringe dentro la sua giacca, scambiando un'occhiata sfuggente con il suo concittadino, che comunque riconosce subito per essere un familiare di una donna che qualche volta ha frequentato del tempo addietro, in anni quasi remoti. <<Certe volte si ha voglia di respirare un po' d'aria libera>>, fa lei per giustificare la sua presenza da sola in quella piazza. <<Ma certo, lo capisco>>, risponde lui; <<non c'è niente di meglio che farsi un giro fuori da casa, in certe sere noiose>>. Lei sorride, non le viene in mente niente da aggiungere, “forse è soltanto tutto più semplice di quello che sembra”, riflette. Lui le fa un gesto di saluto, e poi sembra andarsene, ma Renza gli chiede quale sia il suo motivo, invece, per girare per le strade del paese così da solo. Lui sorride, come per togliere importanza a quello che sta per rispondere; poi fa: <<forse soltanto per riflettere meglio a quello che mi è capitato, o che non mi è capitato, durante la giornata>>.

Infine, il conoscente se ne va, lei resta ancora per qualche momento seduta su quella panchina, ma poi riprende a camminare, per tornare verso casa. "Ho più dubbi di prima", pensa adesso. "Forse il mio mestiere e la mia giornata sono troppo ordinari, per permettermi dei pensieri importanti. O forse è mio marito che svolge un ruolo sociale così denso di significato da mettere in ombra tutto ciò che faccio". Torna rapidamente nella sua abitazione, ma all'improvviso le viene voglia di non farsi trovare da suo marito nel momento in cui rientrerà anche lui nella loro casa, perciò prende le chiavi della macchina, esce, avvia il motore, e ingrana la marcia. Arriva fino al fiume, guidando lentamente, infine si ferma, scende, si appoggia alla spalletta di pietra vicino al ponticello, e osserva l'acqua scorrere, uguale a sempre. "Troverò una soluzione", pensa; "ed anche se non mi riuscirà esattamente stasera, una di queste volte metterò in evidenza a tutti di avere ancora delle possibilità".

 

Bruno Magnolfi