lunedì 27 dicembre 2021

In accordo.


            Naturalmente certe volte sono caduto, con grande ed immediata disperazione. Però ho sempre trovato la maniera per risollevarmi, anche se in qualche caso ho dovuto faticare parecchio per farlo. Non so perché penso tutto questo, proprio adesso che siamo quasi arrivati alle porte di Rennes, e questi margini stradali degli ultimi chilometri, senza troppe caratteristiche di rilievo, sembrano scivolare via senza alcuna asperità, come aprendosi accoglienti al nostro passaggio, forse per incoraggiare maggiormente proprio il nostro arrivo. Il motore del camper gira tranquillo come da quando siamo partiti, e mentre io proseguo a guidare con impegno e attenzione, gli altri sono tutti dietro a leggere, a parlare, o a perdere del tempo. Ci potrebbe accadere qualcosa, penso; però è più facile che tutto scorra via tranquillo, proprio come questo asfalto, e per tutte le prossime notti troviamo ancora qualche luogo silenzioso dove sistemarsi, senza dare troppo nell’occhio. Dobbiamo fermarci ad un supermercato, per fare qualche acquisto, poi attraverseremo la città ed infine spegneremo il motore lungo qualche stradina sterrata, riparati da una macchia di alberi fruscianti.

            <<C’è ancora molto, Toni, per arrivare in città?>>, dice all’improvviso Renato, affacciandosi per un attimo alla cabina di guida. <<Tranquillo>>, gli fo; <<fra dieci minuti si entra tra le case>>. A me piace guidare, e se non sono proprio stanco gli altri mi lasciano volentieri al volante di questo scatolone a noleggio, come se fossi l’esperto timoniere di un vascello in alto mare. Comunque penso che una volta fatti gli acquisti ci potremo fermare da qualche parte per mangiare qualcosa e riposarci, ed in seguito io lascerò volentieri la guida a chi degli altri tre ne avrà voglia. Mia moglie sembra intenzionata ad arrivare sulla costa prima di sera, ma a me non sembra una buona idea, visto che in quel caso avremo ancora per il pomeriggio un sacco di strada davanti a noi. Ieri avevamo pernottato nei pressi di Bourges, ed io non mi ero sentito tranquillo, considerato che il luogo scelto per fermarsi a cenare e a dormire, appariva un po’ troppo isolato, senza riferimenti chiari e vicini. Forse è la mia apprensione che mi fa immaginare sempre qualcosa di tremendo appena dietro l’angolo, lo riconosco; però penso che sia sempre meglio immaginarsi anticipatamente le avversità, piuttosto che subirle in pieno senza aver fatto nulla per prevenirle.

            Infine avvisto un bel supermercato con un parcheggio spazioso accanto alla strada, così entro dentro manovrando con calma, scelgo il posto più adatto ed infine spengo il motore. Gli altri si guardano attorno, mi fanno vedere che hanno già preparato una lista di cose che ci possono servire, ed il nostro cane deve assolutamente farsi un giretto. Ci dividiamo i compiti, io resto sul camper per controllare i liquidi e la scorta d’acqua per il bagno, Lina fa un giro col cane, e mia moglie insieme a Renato entrano nel negozio per fare gli acquisti. Però c’è qualcosa nell’aria che ancora non mi convince: è come se si cercasse di tenermi al di fuori da una decisione che loro tre hanno già preso. Non va bene arrivare nei luoghi dopo il tramonto, ho già spiegato in altre occasioni: non si riesce mai ad avere un’idea precisa di dove ci sistemiamo, e questo sicuramente è un problema. Forse loro si annoiano di questa mia semplice prudenza, ma io credo che soltanto con una certa dose di buon senso le cose potranno filare lisce per tutti questi quindici giorni di gita.

            Apro il cofano motore e controllo il livello dell’olio, poi guardo se per caso ci fosse una manichetta per l’acqua da qualche parte. Torna Lina col cane, dice che Ettore appare leggermente stravolto, però ha fatto subito i propri bisogni, ed adesso è quasi pronto per ripartire. Poi sale in cabina, dal lato del passeggero, ed io mi accosto al finestrino mezzo aperto e le chiedo se per caso qualcosa non vada per il verso giusto. Lei mi guarda con un mezzo sorriso un po’ ambiguo, e poi dice che va tutto bene, che non vede l’ora anche lei di arrivare sulla costa della Bretagna. Tiro fuori la carta dalla tasca dello sportello, le mostro che abbiamo davanti troppi chilometri per poter trovare un posto decente dove pernottare, e Lina dice che di sicuro ho pienamente ragione. Ci accordiamo sulla strada migliore da prendere, poi si decide che la cosa migliore sarà fare una tappa prima di giungere a Saint Malo, e domani mattina andarcene in giro lungo la costa. Tornano gli altri ridendo chissà di cosa, naturalmente carichi di buste, e poi dicono subito che loro sono assolutamente d’accordo, su qualsiasi decisione abbiamo deciso di stabilire.

 

            Bruno Magnolfi   

domenica 19 dicembre 2021

Vaghe certezze.


            Sopra gli scaffali della mia libreria, ma anche sul piano dello scrittoio, ultimamente si sono accumulati in modo disordinato decine di spartiti; e poi manuali di armonia e di teoria musicale, fino ad ammonticchiarsi là sopra anche numerose dispense attorno alle possibili interpretazioni delle note, insieme ai tanti altri libri, di qualsiasi tipo, riguardanti naturalmente il pianoforte e le guide pratiche per suonare del jazz. Ogni tanto cerco di consultare qualcosa tra tutte quelle pagine che ho acquistato con la mia bramosia di saperne di più, ma adesso ho la certezza che non avrò mai la possibilità materiale di studiare la maggior parte di quelle nozioni che sono riportate su tutta quella carta stampata. Non avrò mai il tempo che servirebbe per comprendere i tanti punti di vista, questo ormai mi è chiaro, perché le cose intorno a me purtroppo hanno preso a viaggiare ad una velocità superiore alle mie umane possibilità, ed io, specialmente in certi giorni, mi sento presa e risucchiata nella corrente di tutto ciò che di brutto e di bello mi sta succedendo negli ultimi tempi, senza riuscire a trovare dentro me stessa la possibilità di dirigere in autonomia la proiezione di questo ciclone di eventi. Sono preda di qualcosa che a tratti mi sfugge, ed allora mi agito, mi ribello, cerco di reagire, mi volto all'indietro nella speranza di decifrare meglio i miei passi.

Viene da me la Teresa, la nostra infaticabile cuoca, e con un’espressione severa, quasi senza dire neppure una parola, mi consegna una piccola busta ben chiusa, come se all'interno fosse contenuto un segreto o il risultato di chissà quale profonda riflessione. Prendo la lettera, la ringrazio, anche se non saprei neppure di cosa, poi, rimasta da sola, la apro con accuratezza ed anche con un minimo di titubanza. È un messaggio di Simone, suo figlio, che si scusa di quanto accaduto, e in due parole sostiene di non sapere neppure lui come sia potuto succedere tutto quanto. Dice che adesso ha un lavoro fisso, ed infine mi ringrazia per non aver spifferato a nessuno il suo nome. Infilo subito quel foglio di carta in mezzo ai miei libri, in un luogo sicuro, e poi rifletto che in fondo non avevo neppure ripensato negli ultimi giorni a quella faccenda, forse solo perché oramai è diventata a mio parere soltanto una storia spiacevole da archiviare, senza nessuna spiegazione da cercare. Piuttosto, adesso che suonare con il gruppo jazz di Lorenzo mi ha preso tutto l’entusiasmo possibile, non vedo l’ora di ritrovarmi con gli altri ragazzi per provare ancora quei brani, e registrare più volte tutti quei pezzi che abbiamo composto, fino a quando non si mostri evidente l’aver tirato fuori il meglio possibile del nostro quintetto.  

L'insegnante di Lettere oggi mi ha fermato nel corridoio della scuola, durante una pausa della mattinata, ma soltanto per dirmi, quasi sottovoce, che lei si sentiva orgogliosa dei miei piccoli successi musicali, pur provando una certa inquietudine per le tante strade a cui stavo dando prosecuzione. L’ho rassicurata come potevo, e lei mi ha detto comunque che i miei risultati negli studi non avevano mostrato comunque alcuna battuta di arresto; poi ha aggiunto che l’ultimo compito scritto mostrava, in mezzo alle mie parole, una maturità di pensiero che in precedenza forse non avevo mai manifestato. Quindi ci siamo salutate, ed ho lasciato di nuovo che Lorenzo, all’orario di uscita da scuola, mi accompagnasse fino alla fermata del mio mezzo pubblico. Lui lungo la strada ha parlato delle solite cose, ed io l’ho ascoltato con una certa attenzione, pensando distrattamente se fosse proprio lui il ragazzo con cui dare inizio ad una storia sentimentale. Ma subito dopo ho capito che questa idea non mi sembra proprio la migliore, anche se tutto in questo momento sembra spingerci l’uno verso l’altra. Probabilmente ha ragione la nostra insegnante: troppe cose si sovrapporrebbero confondendo in ambedue tutte le idee e gli entusiasmi; e forse era proprio questo che lei fra le righe mi stava suggerendo parlandomi nel corridoio. <<Ha ragione, signora Sarti>>, ho detto allora tra me stessa mentre dondolavo seduta sul mio mezzo pubblico. <<Il mescolarsi indistinto di tutte le idee non è un buon segnale. Bisogna far forza sulla nostra mente per cercare le cose migliori, piuttosto che lasciarsi andare alle tante forti emozioni>>. Poi sono rientrata a casa dei miei, ed ho salutato come sempre la mamma, prima di entrare nella mia stanza: <<sono ancora piccola>>, ho riflettuto dopo un momento; <<ci sarà tutto il tempo, da ora in avanti, per trovare delle certezze maggiori>>.

 

Bruno Magnolfi    

            

giovedì 9 dicembre 2021

Invenzioni legittime.


            Sto qui, accanto al mio pianoforte, ad osservare di nuovo la luce del giorno, che poco per volta si fa calda ed obliqua, nel trascorrere lento e costante del pomeriggio. Ieri è venuta da me la signorina Neri, a prendere una prima lezione riguardo a Chopin ed alle sue cosiddette “ballate strumentali”, nel tentativo legittimo e scoperto di comprendere maggiormente l’intenso approccio individualistico del grande pianista alla sua musica, ora che per lei, penso io, la tastiera si è fatta quasi soltanto fraseggio e dialogo rispetto alle timbriche e alle sonorità degli altri suonatori di differenti strumenti con cui adesso si intrattiene. Mi ha portato un ritaglio di giornale, dove si parla in termini favorevoli della recente serata di musica tenuta dalla formazione jazz - di cui la Neri fa parte - in un piccolo locale della città. Ho letto con curiosità quelle parole giornalistiche, ed anche se alcuni termini devo dire mi sfuggono, per il resto sono molto contento che questa ragazza, pur non lasciando lo studio classico del pianoforte, abbia trovato la forma che meglio si adatta alle proprie esigenze espressive. Naturalmente non ho mostrato con lei quasi nessun apprezzamento per questo percorso intrapreso, limitandomi soltanto ragionevolmente a prenderne atto.

            Adesso però sorseggio una tisana calda che mi ha servito la mia fedele Clara, e rifletto meglio sul percorso musicale di questa ragazza, così legato alla sua personalità decisa, combattiva, forte, come se le sue scelte fossero sempre delle vere e proprie sfide. La sua presenza mostra spesso però anche una certa timidezza, ed il suo essere particolarmente schiva, in qualche caso, la fa sembrare quasi poco sociale. Comunque, la signorina Neri ha imparato rapidamente molte cose intorno al pianoforte, ed oltre a possedere nelle mani oramai una tecnica eccellente, ha messo bene a frutto le idee nella sua testa, per capire in fretta quale fosse la propria strada da intraprendere. Non voglio essere un vecchio parruccone legato ai soliti, medesimi percorsi, ed anche se per me la musica rimane quella che ho suonato ed insegnato per decenni, però comprendo bene come i tempi che viviamo adesso abbiano proposto, nel corso specialmente degli ultimi periodi, alcuni modelli che neanche io posso spingermi del tutto ad ignorare.

            L’allargamento, durante tutto il periodo romantico, dell’area tonale della musica, fino all’estremo utilizzo, oltre alla selva in pentagramma di diesis e di bemolle, delle stridenti dissonanze, ed anche poi di quegli accordi che rendono il percorso armonico del tutto imprevedibile, ha fatto in modo che la forma si identificasse sempre di più con l’individualismo più sfrenato, con il sentimento, con la personalità stessa dell’autore. Questa ragazza adesso, con il suo piccolo bagaglio di libertà, è esattamente questo che cerca di minare nelle fondamenta, togliendo qualsiasi importanza agli elementi psicologici trasformati in dei fantasmi artistici dai grandi autori del passato, figure proprio come lo stesso Chopin. La musica, secondo lei, ha senso solo nel dialogo strumentale che si riesce a sviluppare, sembra affermare quando pur affronta certe partiture. Meglio ancora quando, partendo magari da una base, si improvvisano dei temi estemporanei colmando reciprocamente con gli altri musicisti i vuoti delle frasi, e stimolando in tutti continue invenzioni sonore. Ecco, questo è l’elemento originale portato avanti da qualcuno, e tutto ciò viene sviluppato anche da questa ragazzina, senza affatto disconoscere però i principi fondanti della musica seria.

            Non so, resto perplesso, non so cosa pensare: la musica deve mostrarsi specchio della realtà, in qualche maniera, questo è certo. Però devo anche rendermi conto che non è questo un processo semplice, tanto che il materiale sonoro che deriva da certi principi, non è affatto popolare, e se non fosse apprezzato da una cerchia seppur ristretta di affezionati a questo genere, sarebbe destinato rapidamente all’oblio, e ad una totale indifferenza generale del pubblico. Forse tutto ciò è soltanto frutto di questi anni, in cui si vive spesso solo per opposizioni, e ad ogni certezza se ne pone subito un'altra, magari neutralizzando in questo modo qualsiasi possibile risultato. Anche la musica jazz ha un’origine confusa, e dei trascorsi a dir poco complessi, tanto che non sembra si sappia neanche più in quale modo identificarla. Così guardo ancora il sole che tramonta, sopra le case: ci saranno nuovi sviluppi, penso, mentre sento il correre rapido del tempo; devo ormai accogliere l’idea che la musica che ho amato e suonato fino alla vecchiaia, sarà d’ora in avanti soltanto quella del passato, cristallizzata così all’interno della sua epoca; il resto però, voglio pensare forse per comodità, deve essere ancora tutto da inventare.

 

            Bruno Magnolfi

 

martedì 7 dicembre 2021

Sonni tranquilli.


            Oggi sono tornato nella casa di mia madre, dopo aver trascorso diversi giorni da un amico che fortunatamente mi ha potuto ospitare, inventando con lui delle scuse per tenermi lontano dalle domande e da qualche possibile problema. Lei per telefono mi è sembrata la medesima di sempre, mi ha chiesto soltanto quando mi sarei rifatto vivo, ed io le ho detto semplicemente che stasera, al suo ritorno dal lavoro, forse mi avrebbe trovato nella mia stanzetta. Credo che tutto oramai si sia risolto, e che Franca, come le avevo chiesto, non abbia fatto il mio nome con nessuno. La mia uscita da cretino, probabilmente, deve essere passata solo come uno scherzo di cattivo gusto e basta, su cui nessuno d’ora in avanti vorrà tornare sopra. Posso starmene tranquillo, penso, e riprendere con le mie cose di sempre. Anzi, devo dimenticare alla svelta questa brutta pagina di cui dovrei ancora vergognarmi, e riprendere subito con le mia vita normale. Prendo così la mia utilitaria e vado a parcheggiare poco lontano. Poi tiro fuori le chiavi ed entro dal portone condominiale, salendo subito, ma senza fretta, le svariate rampe di scale. In casa mi appare tutto identico, così accendo la televisione e mi sistemo sulla solita vecchia poltrona. Prendo una birra dal frigo e resto in attesa.

            Quando torna mia madre sembra la solita, appoggia le sue cose, toglie la giacca, si infila scarpe comode. Poi viene verso di me, e con tutta calma, e a bassa voce, dice soltanto: <<come hai potuto solo pensarla una cosa di quel genere>>. Per me è uno schiaffo sul viso: non so cosa rispondere, balbetto qualcosa, non mi aspettavo, certo, che lei fosse riuscita a sapere ogni cosa; così mi chiedo come sia stato possibile, mi tiro su in piedi, ma sono molto confuso, cerco di reagire anche se non ci riesco. Poi mi stringo le braccia, non so dove guardare, scoppio a piangere; lei prosegue ad osservarmi, ed io, in questo momento, quel suo giudizio severo quasi non riesco a sopportarlo: <<ho sbagliato>>, dico in fretta; poi però vorrei sparire, non essere mai tornato a casa. <<Sono stato uno stupido>>, le dico ancora, non so neppure adesso per quale motivo; <<soltanto dopo però, me ne sono davvero reso conto>>. Lei va in bagno, e a me per un momento resta il dubbio su come sia riuscita a sapere tutto quanto, ma in considerazione della calma dimostrata, e anche di tutto il resto, forse ci è arrivata da sola, senza che nessuno le abbia suggerito il mio nome.

            Sono stato persino prevedibile, penso mentre tengo ancora la faccia tra le mani. Un clamoroso errore, una pensata idiota, un gesto ignobile che adesso dovrò pagare, in qualche modo. Lei esce dal bagno e va a sistemare qualcosa dentro la cucina, poi gira per casa in silenzio, come se io non fossi presente; perché è certo, non ha bisogno di altre parole, quello che doveva sapere ora le è apparso perfettamente chiaro, confessato da me appena in un attimo, ed io adesso posso soltanto mettermi in un angolo e cercare di non dare più alcun disturbo. Domani mi darò una bella ripulita, penso; mi metterò i vestiti migliori, troverò un’espressione seria e affidabile, ed andrò con pazienza a cercarmi subito un lavoro, qualcosa che possa durare almeno qualche mese. In fondo ho un po’ d’esperienza, e di camerieri nei ristoranti hanno sempre un gran bisogno. Si tratta di abbassare il più possibile la testa, ed accettare tutte le condizioni che mi verranno poste, nient’altro. <<Stai tranquilla mamma>>, dico tra me, <<non ti darò più preoccupazioni>>.

            Non so proprio cos’altro fare: vorrei dirle che adesso è tutto alle spalle, che farò tutto quello che serve per essere migliore; poi lei sibila qualcosa passando: <<buonanotte>>, dice, e si rinchiude in camera sua, anche se è ancora presto. Resto a guardare qualcosa alla televisione, infine spengo tutto e vado a coricarmi nella mia cameretta. Devo tirare fuori il meglio possibile da dentro di me, penso. Devo dimostrare che sono un uomo, una persona che riesce a distinguere adeguatamente il bene dal male. Per tanti anni fino ad oggi mia mamma ha dimostrato la sua tempra, le sue capacità; devo seguire le sue orme adesso, tocca a me trovare la strada migliore, quella che in tutti questi anni lei mi ha indicato, quella che forse fin’ora ho soltanto finto di voler intraprendere. <<Si fa sul serio adesso, mamma>>, dico ancora tra me; <<puoi dormire tranquilla>>.

 

            Bruno Magnolfi