mercoledì 27 settembre 2023

Ragioni insensate.


            Mi piacerebbe molto essere capace certe volte di dimostrare una completa indifferenza nei confronti di ciò che l’attualità sembra esprimere ogni giorno. Di fatto però non mi risulta proprio possibile, e i sentimenti che provo costantemente nei confronti dei piccoli e grandi fatti di cui sono pieni i rotocalchi su carta e i notiziari della televisione, spesso mi riempiono la gola di disdegno, fino al punto che mi trovo impossibilitato a restarmene sempre in silenzio, senza esprimere un parere personale, un’opinione propria, o un grido di dolore, rovesciando così, anche sulle prime persone che conosco e con cui mi trovo ad interloquire, la mia semplice amarezza per ciò di cui sono costantemente costretto a rendermi conto. Credo di non essere mai stato un cattivo cittadino in tutti questi anni, almeno fino adesso, e se guardo alle mie spalle non trovo dei momenti in cui non mi sono attenuto scrupolosamente alle regole che vengono imposte dallo Stato. Eppure, all’improvviso, quello che con chiarezza spesso mi ruota attorno, credo faccia di me soltanto uno sciocco. Un individuo che non è stato capace di approfittare delle occasioni migliori, che forse non si è messo in luce con le persone giuste, che non ha avuto il coraggio di evidenziare certi aspetti di sé perfettamente in linea con ciò che magari al momento opportuno era richiesto. Credo di essere stato, ed essere ancora, un tipo coerente però, immaginando che questo fosse per tutti un grande valore, piuttosto che un peso ingombrante di cui nessuno attorno a me sentiva e sente alcuna necessità. 

            Con questi pensieri affronto ormai ogni giornata, e quando qualcuno mi saluta, o mi ferma per strada per chiedermi come mi vadano le cose, sono pronto a dire in fretta parole piene di ironia, frutto delle riflessioni che mi giungono alla mente in modo costante. <<Non è possibile guardarsi attorno e non scoprire come ognuno di noi mandi avanti la propria esistenza quasi sempre per conto proprio, credendo regolarmente soltanto a chi riesce a parlare con più forza, e andando dietro esclusivamente alle nuove e roboanti promesse che gli vengono fatte, come non esistesse già un passato colmo di bugie>>, dico subito. Così mi prendono sempre per un isolato, uno che non è capace di stare al passo coi tempi, e non è capace di schierarsi con semplicità al fianco di chi è più convincente. <<Non devi preoccuparti così>>, mi dicono spesso. <<C’è bisogno di ottimismo, di positività, di leggerezza, senza immaginare ogni volta che tutti siano degli affaristi subito pronti a fregare il prossimo>>. Io annuisco, non posso ribattere, non ci riesco, e perciò torno a chiudermi ovviamente nelle mie convinzioni, nell’attesa che il tempo nuovamente mi dia ragione. E poi mi chiedo ancora, quando resto da solo coi miei pensieri, che motivo abbia io per soffrire più degli altri nei confronti di questa realtà che a me pare persino assurda, e che tutti invece si ostinano a chiamare la normalità. 

            Vorrei tanto coltivare la stessa indifferenza con la quale la maggioranza dei cittadini riesce a coprire alla vista qualsiasi scandalo, ogni malefatta che si scopre, tutte le prove indelebili con cui si potrebbe dimostrare l’egoismo e l’interesse privato che tracima da ogni parte. Poi mi convinco che non è possibile continuare in questo modo, ed io stesso non posso essere colui che più di altri si preoccupa per come le cose stiano andando. Perciò in certe serate cerco di tranquillizzarmi, entro in una caffetteria e poi mi siedo a un tavolo, prendendomi cura solamente di qualcosa da sorseggiare in tutta calma, lasciando alle spalle, almeno per mezz’ora, ciò che in genere mi angustia. <<Come sta, signor Landi>>, mi chiede qualcuno che mi riconosce; ed io sorrido, annuisco, saluto, anche se comprendo che forse mi si vuole prendere un po’ in giro. <<Avete ragione voi>>, rispondo qualche volta. <<Non si può far diversamente che abbassare la testa con ossequio, e dopo allinearsi esattamente a tutti gli altri, se non si vuol rischiare di perdere poco per volta la ragione>>. Mi stringono la mano allora, come si stesse tenendo un patto tra individui, disponendo così un terreno comune, una zona franca insomma, su cui non è possibile far sorgere polemiche, ed in cui tutti ci troviamo pienamente in accordo, schierandosi improvvisamente dalla medesima parte. 

            Ma a quel punto a me basta ben poco per sentirsi riacuire il rovello che sempre mi tormenta, e già uscendo dal locale mi guardo attorno per un attimo, e vedo che non c’è niente di buono in tutto quanto, se non il fatto che, se non ci si riflette, si riesce a far digerire al proprio corpo persino dei bocconi amari che mai in precedenza avremmo voluto buttar giù. Tanta gente soffre di questa situazione, riprendo a pensare, ma è il sistema stesso che ha inventato gli anticorpi per combattere e vincere su qualsiasi critica; ed oggi è il consenso ciò che conta, e le ragioni semplici e spicciole delle persone come me, non hanno oramai neppure un vero senso.

 

            Bruno Magnolfi

lunedì 18 settembre 2023

Recupero impossibile.


È vero che non capisco quasi niente di queste cose, ma quello che mi ha spiegato mio marito lo comprendo piuttosto bene, e mi lascia interdetta. Federico, nostro figlio minore, sembra che frequenti da qualche tempo degli estremisti, così mi ha spiegato Achille stasera mentre eravamo da soli; gente con la testa piena di chissà che cosa, tutti pronti anche ad azioni violente, addirittura ad imbracciare delle armi, a fare del male agli altri, e certe volte senza neanche avere un motivo vero e proprio per farlo, e se non proprio concretamente, queste persone intendono fare dei guasti almeno con le parole, con le loro affermazioni, con gli slogan, insomma con le loro convinzioni più estreme. Sembra persino impossibile che mio figlio possa confondersi all’improvviso con certa gente, però non voglio giudicare con superficialità, l'ho detto subito anche a mio marito: <<avrà i suoi buoni motivi per comportarsi così>>, gli ho spiegato. <<E poi sono sicura che è soltanto un'idea momentanea, una sbandata senza alcun seguito, una simpatia per qualcuno che sta in quell’ambiente, e tra non molto, ne sono convinta, lui smetterà senz'altro di mescolarsi ancora con quegli estremisti>>. Mio marito ha annuito, come fa sempre, e non si è sentito incoraggiato a replicare neppure su una minima cosa; allora io ho calato l'asso, come si dice giocando a carte; quello che tenevo in serbo esattamente per un momento proprio di questo genere: <<E Marco non ha niente da dirgli per cercare di fargli cambiare queste idee malsane?>>, ma in quello stesso momento Achille è parso crucciarsi anche di più, come se quello per lui fosse un ulteriore problema.

Lo so che tra i miei due figli non c’è tutta questa vicinanza che ci si potrebbe aspettare da due fratelli e che noi come genitori ci auspicheremmo sempre, in qualsiasi caso, però sembra impossibile che uno studioso di psicologia come mio figlio maggiore non riesca, se lo desidera, a far ragionare al meglio suo fratello. Dopo un po’ Achille mi ha spiegato che tutta questa faccenda lui l’ha saputa da Marco, e che Federico non sembra per niente preoccupato di quello che sta facendo e degli individui che sta frequentando. Quello che mi meraviglia maggiormente in questo momento, è il fatto che Federico non molto tempo addietro frequentava addirittura un’associazione di volontariato, una di quelle che offrono gratuitamente i propri servizi e il proprio aiuto a persone che non riescono ad essere perfettamente autonome, e mostrano dei problemi fisici, oppure economici, o anche di qualche altra natura. Individui soli, per lo più, che trascinano la propria esistenza in maniera difficile e precaria. Quindi, secondo me, c’è qualcosa che non torna.

Così ho terminato di sistemare i piatti e le stoviglie lavate e asciugate dentro i mobili, poi ho tolto la tovaglia dal tavolo piazzando al centro il solito enorme posacenere sopra un centrino, mentre mio marito fumando osservava senza interesse qualcosa alla televisione, e i ragazzi erano in un’altra stanza ad occuparsi di qualcosa. <<Dobbiamo parlare con Marco>>, ho detto a quel punto; <<fargli capire quanto sia importante in questo momento la sua capacità di far distogliere l’attenzione di Federico da queste frange estremistiche che sta frequentando, e magari ricordargli la sua vera vocazione: l’altruismo, la cura degli altri, l’aiuto>>. Achille mi ha guardato, poi ha detto soltanto: <<non sarà facile tutto questo, anche se è evidente che non abbiamo proprio altra strada, almeno se il nostro desiderio resta quello di ritrovare nostro figlio minore così come abbiamo imparato a conoscerlo fino adesso. Con queste parole mio marito poi si è alzato, è andato nella stanza dei nostri figli ed ha detto a Marco di seguirlo, perché aveva necessità di parlargli. Dopo poco loro due si sono seduti al tavolo della sala da pranzo, ed Achille ha subito detto: <<non vorrei che Federico si fosse invischiato in questa ridda di estremisti di Destra soltanto per mostrare a te una propria personalità, una maniera sua di affrontare le cose>>.

Marco allora non ha reputato il caso di volgere neppure lo sguardo verso suo padre, continuando ad osservare lo schermo silenzioso della televisione, ma dopo un attimo ha soltanto detto: <<tutto è possibile, ed anche questa è una teoria probabile. In ogni caso lui mi ha fatto comprendere senza ambiguità che non sarò certo io a fargli cambiare opinione, anche se le mie idee politiche sono di tutt’altra natura; o forse, addirittura, proprio per questo>>. Io gli ho messo una mano sopra una spalla, come per dargli sostegno e conforto, ma Marco non ha fatto alcuna mossa. <<Ormai è grande>>, si è inserito Achille; <<non gli si può proibire nulla, ed anzi, il suo desiderio di rendersi in parte autonomo economicamente indica che ha bisogno anche di pensare in maniera libera>>. Mio figlio ha annuito, io avevo già voglia di piangere, e mi è quasi parso a questo punto che molto fosse già perduto, e che nessuno, da ora in avanti, sarebbe riuscito a recuperare mio figlio minore.

 

Bruno Magnolfi   

mercoledì 13 settembre 2023

Fine del mondo.


            Ultimamente sono perplesso. Il lavoro mi assorbe molto, a mio parere, persino troppo, e divido la stanza vetrata dove rimango seduto tutto il giorno insieme ad altri tre colleghi, in mezzo a telefonate e scambi di opinione tra le scrivanie, tanto che certe volte quando esco dall’ufficio avrei soltanto voglia di starmene da solo, anche se spesso, durante l’orario, mi infilo nel corridoio per muovere un po' le gambe e far riposare la mente, magari mentre prendo un caffè alla macchinetta. Ma quando rientro a casa mia, sento dentro di me una ripulsa che non mi fa stare affatto bene. So benissimo che mia moglie è una persona deliziosa, e che tutto ciò che fa e che dice è sempre allo scopo di lasciar viaggiare al meglio tutte le cose di famiglia, eppure io certe volte non riesco proprio a sopportare i suoi modi, quelle sdolcinature che mi paiono spesso persino fuori luogo, quella maniera sempre sorridente di proporsi agli altri. Con i miei figli ormai da anni non riesco più ad avere un vero colloquio, e tra me e loro si riesce soltanto a dirsi qualcosa di essenziale perlopiù espresso a monosillabi, senza neppure guardarci. Non so che cosa fanno di preciso durante tutta la giornata, ma ho rinunciato da tempo ad interessarmi di cose del genere, se non in termini superficiali. Rientro in famiglia al tardo pomeriggio, ma vorrei stare da solo, riflettere su qualcosa che forse mi è transitato per la testa durante l'orario di lavoro, e poi non dover sentire più alcuna parola che venga articolata in mia presenza. Ciò che mi rivolta più di tutto il resto, comunque, sono le domande. Da quelle più scontate: <<com'è andata la giornata?>>, oppure: <<come ti senti?>>; fino a giungere a cose tipo: <<che ti andrebbe per cena?>>, o anche: <<perché non ti siedi e ti rilassi?>>.

Mi sento in colpa, in molti casi, proprio per l'incapacità che manifesto nel rendermi socievole, però è più forte di me quello che provo, e l'unica difesa che riesco a tirar fuori è quella di chiudermi in un silenzio spesso ostinato, che immagino venga sempre interpretato soltanto come nervosismo e semplice fatica accumulata durante la giornata. Che male c'è, penso talvolta; probabilmente tutti gli altri, in un caso come il mio, sono esattamente come me, ognuno chiuso dentro al proprio modo di reagire, ma io non riesco a togliermi di dosso proprio del tutto la sensazione di sapermi inadeguato, incapace di comportarmi come forse sarebbe più giusto. Anche durante la cena, quando ci riuniamo per quella striminzita mezz'oretta, replicando forse un'usanza probabilmente da famiglia patriarcale, non riesco a fare altro che concentrarmi appena in ciò che addento, assaporando ogni boccone senza comunque tirar fuori alcun commento. Anche se nel piatto c'è qualcosa che non gradisco troppo, evito accuratamente di dirlo o farlo capire, in modo che non troppo facilmente si formino delle domande anche intorno a questo argomento, oppure si sollevino delle richieste di suggerimenti o di variazioni agli ingredienti del cucinato, naturalmente al fine di rendere a me il pasto più appetibile.

Infine, tutti si alzano da tavola, ed io al contrario resto seduto a fumare e a godermi qualche attimo durante il quale immagino di essere lontano da questa consueta sala da pranzo, magari in un luogo solitario, a sorseggiare il mio caffè di fine cena circondato soltanto dal silenzio e dall'assenza. I miei figli hanno sempre mille cose di cui occuparsi, e né l'uno né l'altro si sognano di sfoderare qualche argomento difficile o spinoso quando siamo insieme, sia in mia presenza, che tantomeno tra di loro. Forse è proprio questo ciò che manca qualche volta: un vero tema su cui discutere sul serio, tirando fuori delle argomentazioni, sia da parte di Marco che di Federico, che siano improvvisamente capaci di interessarmi davvero, pur lasciandomi in disparte, senza per forza che io debba avvertire il bisogno di manifestare a voce alta delle opinioni. Sarei capace di ascoltarli, in casi del genere, ecco tutto, magari distrattamente, senza prendere una posizione precisa, ma solo annuendo qua e là alle loro affermazioni. Ma forse è meglio che stiano zitti come fanno quasi sempre, e che io, pur sentendomi in colpa, prosegua ad indossare la maschera di colui che "è di poche parole", e che “non riesce a tenere in piedi una vera e propria conversazione”, come sicuramente pensano.

            <<Achille>>, dice poi mia moglie mentre già sono risucchiato dalle immagini che trasmette la televisione. <<Domani ricordati di quello; e magari anche di quell'altro>>, ed io vorrei tanto sbuffare, alzare la voce, dire che le preoccupazioni sono esattamente ciò che in questo momento più di ogni altra cosa vorrei dimenticare. Ma in fondo non ho voglia di polemiche, così annuisco come faccio sempre, perché so benissimo che, se anche dovessi dimenticare qualcosa di importante, non sarà sicuramente per questo che arriverà la fine di tutto il mondo.

 

Bruno Magnolfi

venerdì 1 settembre 2023

Soltanto mia mamma.


Diverse volte, durante gli ultimi sette o otto anni, mi è presa l'idea impulsiva di tenere un diario. Un diario fatto di piccole cose, così almeno mi sono sempre immaginato: il breve viaggio dalla dimora della mia famiglia fino alla facoltà universitaria, ad esempio, e precedentemente la strada percorsa da me ogni giorno fino al liceo, con i possibili incontri casuali sui mezzi pubblici utilizzati; poi la frequentazione quotidiana delle lezioni, lo scambio di opinioni con i miei coetanei, con gli insegnanti, con i ragazzi più grandi o più piccoli lungo i corridoi; e quindi il ritorno all'indietro, verso la mia casa, e il ritrovare lì la mia mamma, gli oggetti familiari, con l'odore delle mura e della loro sicurezza, e infine lo studio per il resto del giorno sui miei tanti libri, con i gomiti appoggiati sopra la scrivania della solita camera, la stanza che da sempre condivido con mio fratello. Praticamente un minimalismo quotidiano che, messo sotto una lente di ingrandimento, potrebbe magari anche rivelare degli aspetti nascosti. Ma non ho mai avuto il coraggio di iniziare, anche perché in un diario del genere si deve sempre dire la verità, e perciò chiarire bene i rapporti con le persone che ti stanno attorno, e quindi anche i motivi che mi hanno portato a certi comportamenti invece che ad altri. Il problema, insomma, nel tenere un vero diario, è che non puoi mai barare, devi essere sempre onesto con la pagina scritta, ed anche se certe cose potresti tendere molto volentieri a farle passare sotto silenzio, non è detto che in tutto il resto su cui ti dilunghi non venga tradita in qualche modo la nuda verità. Dico così, come se a qualcuno prima o dopo interessasse leggere le mie cose, però è anche vero che non si può mai sapere. In ogni caso non ho mai iniziato, e non inizierò certo adesso, anche se i miei pensieri hanno sempre mostrato il desiderio di entrare in un computo generale delle piccole attività reali o immaginarie svolte da me durante la giornata.

Ritengo di non essere una persona di molte parole, difficilmente mi soffermo con qualcuno a conversare, piuttosto ascolto gli altri quando hanno qualcosa da dire, ma senza mai mostrare troppa curiosità. Spesso mi formo delle opinioni spiccatamente personali su ciò che sento in giro, ma qualche volta ritengo siano talmente strampalate che penso sia molto meglio se le tengo per me. Persino mio fratello, le poche volte in cui gli spiego qualcosa, assume subito l'espressione di chi non ritiene troppo giustificate le conclusioni a cui giungo, dubitando con una certa evidenza della mia capacità di dare un senso razionale alle cose. A me diverte essere così, evidenziare, anche se piuttosto di rado, una mia maniera diversa da quella degli altri di interpretare ciò che mi può ruotare attorno, e se con Federico non ho mai avuto un buon rapporto, tutto probabilmente deriva da una differente logica che ci passa dentro la nostra mente. Lui sa essere estroverso, capace di stringere conoscenze all'impronta, in grado di farsi facilmente accettare in qualsiasi ambiente, anche se i suoi discorsi forse peccano di scarsa sincerità. Per me è tutta un'altra cosa, e preferisco starmene da solo piuttosto che giungere a dei compromessi oppure accettare attorno a me delle persone con cui non ho niente da spartire.

Poi ci sono i miei genitori, che credo non abbiano mai compreso niente o quasi della mia personalità, ma che comunque mi accettano così come sono, con il mio carattere e i miei modi di essere, oramai senza porsi più neppure troppi interrogativi su di me. Mio padre è sempre un po' distante da tutto, e di lui è veramente difficile comprenderne le idee o i reali interessi. Però il suo costante tentativo di starsene per i fatti propri, certe volte mi trova assolutamente d'accordo, e comprendo perfettamente il suo essere riservato, specialmente quando si trova in mezzo a persone con cui non ha molti rapporti. La mia mamma, al contrario, anche se non è mai stata troppo appiccicosa, però ha sempre mostrato la necessità di schierarsi dalla parte della sua famiglia, in qualsiasi caso e per ogni occasione, e quindi se qualche volta mi sono trovato ad avere dei piccoli guai, ad esempio, lei mi ha sempre difeso, indipendentemente da tutto e da tutti. E quando mi trovo ad uscire di casa insieme a mia madre, resto sempre meravigliato della sua capacità di intessere facilmente delle nuove relazioni, anche se d'ordine estremamente superficiale. Per questo motivo, alla fine, se devo proprio chiedere un'opinione o un parere su qualcosa che mi cruccia o su cui sono indeciso, è senz'altro a lei che mi rivolgo, naturalmente senza entrare mai troppo nei dettagli, ed anche se non mi ritengo per nulla succube della sua personalità o dei suoi modi, ugualmente mi sento sempre vicino, più che ad ogni altra persona, a lei, alla mia mamma.

 

Bruno Magnolfi