mercoledì 28 dicembre 2022

Nient'altro da dire.


Vado sempre avanti, imperterrito, anche nel momento esatto in cui, questa giornata qualsiasi che pare snodarsi veloce e ordinaria di fronte a me, prosegue soltanto ad inseguirne una ulteriore, del tutto identica, durante la quale insisto a girare con la bicicletta a destra e a sinistra lungo tutte le strade principali del mio paese, conoscendo oramai a menadito ogni indirizzo di casa presso cui devo fermarmi, sollevare poi con un dito il coperchio della cassetta postale, e quindi scaricarvi dentro la busta affrancata, sfilandola con gesto usuale tra le altre dalla mia borsa capiente, nella anticipata certezza, almeno in qualche occasione, che la ricezione di questa sarà magari apprezzata, oppure per niente. Quasi un semplice automatismo, uguale forse ai saluti che scambio con coloro che incontro, nel compimento di un percorso che si assomiglia ogni volta, con poche eventuali modifiche tutte normalmente previste. È il mio mestiere, niente di diverso, al punto che conosco già alla perfezione dove fermarmi, con quale piede sorreggermi in equilibrio davanti ad una certa abitazione, o dove sostare un momento, per suonare un campanello per una raccomandata con ricevuta. <<Grazie Gino>>, mi dicono tutti, anche se in certi casi appare sufficiente un cenno di saluto, oppure un buongiorno scolpito nell’aria, senza bisogno di insistere troppo, per non rallentare la mia pedalata.

Mi ha invece fermato, davanti all'ufficio postale, proprio mentre stavo tornando dalla solita gita, quel sindacalista marito di Renza, giusto per salutarmi con cortesia e poi chiedermi, assumendo un'espressione più seria, quali potessero essere i punti dolenti del mio lavoro. <<Non saprei>>, ho risposto io dopo averci riflettuto un momento mentre riordinavo le mie cose, e lui subito ad insistere che forse poteva essere l’insopportabile caldo estivo, oppure le intemperie d’autunno a mettermi in situazioni difficili, e poi il super lavoro da affrontare in determinati periodi, o il pericolo di dover muovermi sempre per strada, costretto a mettermi al riparo dagli automobilisti distratti e anche dagli altri veicoli. <<Ma è il mio mestiere>>, gli ho detto; <<niente di particolarmente diverso da ciò che ognuno si possa immaginare, e che non si può certo pensare adesso di modificare>>. Il sindacalista è sembrato riflettere, ha detto che magari deve studiare più attentamente il mio caso, comprendere meglio quali siano, e se mai ci fossero, dei momenti davvero critici nello svolgimento del mio servizio. Poi, io ho riposto come sempre la mia bicicletta sul retro dell’edificio, e dentro la borsa ho notato che erano rimaste solo quattro affrancate da consegnare nelle frazioni fuori dal centro abitato, così sono salito sull'utilitaria che resta sempre a disposizione del portalettere, ed infine ho proseguito il mio giro, pregustando il momento in cui mi sarei fermato con qualche conoscente nel solito caffè, a prendere qualcosa e a riposarmi un pochino, visto che ancora era piuttosto presto.

  Ho pensato che tutto sommato da quasi trent'anni porto avanti questo lavoro, e non mi ero mai ritrovato a pensare che fosse un mestiere giudicato da qualcuno un po' disagiato e forse persino pericoloso, come mi ha detto proprio quel sindacalista, tanto più che in tutte le mie attività di consegna postale gli aggeggi elettronici moderni non mi hanno mai potuto aiutare. Comunque, fino ad oggi, io mi sono accontentato sempre di quello che la vita mi ha offerto, anche perché personalmente non ho mai avuto molto altro da dare agli altri; ma adesso che una brava persona come il marito della Renza mi ha detto quelle cose, mi pare che i miei servizi, forniti a tutti i cittadini di Calci, e forse considerati anche troppo usuali e scontati, per la gente di tutto il paese che conosco e che incontro per strada, sia quasi immeritata, e che perfino molti di loro approfittino troppo di me, chiedendomi favori e servizi che non sono neppure previsti tra le mie attività. Se ci penso con una certa fermezza, mi pare che dovrei essere maggiormente fedele a ciò che è stato stimato per le mie mansioni, e riferirmi rigorosamente a quelle, anche per far apprezzare di più ogni gesto in cui spesso sono impegnato.

Quando infine rientro in ufficio, la nostra direttrice sembra guardarmi quasi con una certa meraviglia, consultando subito il suo orologio, quasi io mi fossi approfittato furbescamente di qualcosa per svolgere più velocemente il mio compito, laddove certamente ci sono dei giorni in cui tutto scorre rapidamente, ma ce ne sono anche altri in cui mi trovo purtroppo a fare più tardi del solito, com’è del tutto naturale. Non mi piace per niente comunque questo clima, ed anche se, dopo gli ammanchi allo sportello del pubblico, noi delle poste siamo stati guardati male da molti paesani, ugualmente non credo proprio che ci possa essere qualcosa da ridire sul conto di uno oppure dell’altro, escluso evidentemente il collega disonesto che è stato subito allontanato. Siamo una squadra, ognuno svolge il suo compito; non ci trovo nient’altro da dire.

 

Bruno Magnolfi

sabato 24 dicembre 2022

Canto per palcoscenico.


            <<Potrei, direttamente; si, potrei io stesso stare qui direttamente a sostenere che questo spettacolo è un vero assurdo, e che proprio non ha alcun senso affaticarsi tanto per portarlo avanti, e che per di più è immorale che si tenga impegnato un pubblico cortese e intelligente come quello che adesso è qui, davanti a me, a cercare con fatica di decifrare queste mie stupide parole, addirittura preso dallo sforzo di comprenderne magari il loro significato, ammesso che le mie parole ancora siano davvero capaci di averne. Perché spesso le mie parole sono persino scollegate tra di loro, non seguono neppure un reale filo logico, ed allora tutto si perde, e così resta soltanto la fatica di seguire una strada che poi non porta mai da alcuna parte>>.

<<Potrei dirlo io, si, farlo presente subito, già dall’inizio, e così rompere quel velo di foschia che racchiude tutto quanto, in maniera che si dica e si sappia una buona volta la verità, e non restino in aria dei concetti pieni di frasi ambigue, di paroloni vuoti, ricchi soltanto di elementi vaghi, incapaci persino di tradursi in una storia vera. Ma come si fa, mi chiedo, com’è possibile per uno come me, una maschera più che una persona, a venire qui e dire a tutti che sono il primo a non credere affatto in ciò che sto dicendo e facendo. No, non mi è proprio possibile>>.

<<Perché, vedete: io non so fare niente, non sono capace di occuparmi d’altro che di questo, e se decidessi che questo niente non vale nemmeno la pena di essere fatto, allora anche io stesso non sarei proprio niente; e quindi, anche se questa debole costruzione, questo castello di carte, che con un semplice soffio può venire giù da un attimo all’altro, sta ancora in piedi, ci riesce soltanto grazie alla vostra benevolenza, alla tolleranza tanto di moda, alla sopportazione insomma, e in ogni caso è comunque tutto ciò che io riesco a mettere assieme>>.  

<<Ho provato, naturalmente, più e più volte, a farmi venire in mente delle idee, a tentare di impegnarmi in qualcosa di diverso da queste emerite sciocchezze, ma i miei propositi ogni volta sono sempre ricaduti a terra come aquiloni senza vento. Forse qualcosa mi spinge ad andare avanti lungo questa strada, ho pensato allora; forse si tratta solamente di insistere di più, di non darmi mai per vinto, di provare nuovamente a farmi apprezzare per ciò che sono, senza manomettere o falsificare neanche una virgola di tutto quanto. E allora eccomi qui, anche se oramai si è ben capito che sono il primo non credere affatto in ciò che cerco di portare avanti>>.

<<Qualcuno, con una certa dose di ironia, mi ha suggerito persino di prendermi un periodo di riposo, una vacanza, hanno detto, e magari ripensare meglio a questa mia necessità di essere sempre, ogni volta, così sincero. “A volte basta qualche pennellata di falsità, senza esagerazioni, per far risaltare ogni dettaglio di tutto il quadro”, mi hanno spiegato. Ma io non sono così, non riesco a mostrare agli altri qualcosa in cui non credo veramente, non vengo a patti con certi mezzi discutibili, solo per far apprezzare di più i miei tentativi>>.

<<Perciò, alla fine, devo spiegarlo a tutti voi con grande schiettezza, la stessa che contraddistingue tutti i miei comportamenti: io, non ho niente da dire. E forse, proprio grazie a questa affermazione, dovrei subito starmene zitto, ritornare rapidamente in un angolo e cercare di scomparire il più possibile agli occhi degli altri. Ma come si fa, penso io, a ridursi in questo modo, come un mucchietto di stracci senza neppure una struttura vera per tenerli in piedi. Non posso abbandonarmi a questo, non riesco ad abbandonarmi fino ad un punto tale>>.

<<E allora vi chiedo solo una cosa, a voi che siete un grande pubblico degno di assistere a spettacoli meno miserevoli di quello che sto dando io in questo momento: vi prego, sopportatemi, lasciate che io sia quello che sono, nell’assenza di pregi e con la massa di difetti che mi porto dietro. In fondo non è un gran sacrificio per voi: è sufficiente che perdiate soltanto due o tre minuti del vostro tempo pur importantissimo, e subito dopo dimentichiate tutto, come se io non fossi neppure mai passato proprio da queste parti>>.

 

Bruno Magnolfi    

sabato 17 dicembre 2022

Perdita di tempo.


            Sto sempre dietro ad un paravento, lo so, me ne rendo conto; non ho niente di più da mostrare di me stesso, e forse non sarei neppure troppo capace di stare all’altezza di quello che mi trovo ordinariamente a compiere, se non fosse che il mio profilo è piuttosto basso, ed il minimo di risultato che ottengo dai miei blandi sforzi che a volte compio, dev’essere forzatamente per gli altri già sufficiente. In genere mi sento annoiato, e con ogni probabilità non avrei neppure voluto essere inserito in una realtà così monotona e del tutto priva di stimoli, se non fosse che era difficile per me collocarmi in una situazione diversa. Lo capisco, non ho avuto voglia di studiare negli anni scolastici, e mio padre, che aveva tanto insistito con me, non ha mai ottenuto alcun risultato, forse proprio per i suoi modi, oppure per quel suo pretendere e basta, ma adesso probabilmente non mi ricordo, e non saprei neanche dire. Mi rigiro nelle poche cose che penso, e mi pare che il tempo più importante per il mio futuro sia trascorso via senza che io abbia mai riflettuto adeguatamente su come impiegarlo. Il fratello di mio padre poi, ha steso una mano pietosa sulle mie spalle, e ad un certo punto, dopo che mi ero continuato a dibattere per un sacco di tempo nel cercare da solo certi lavoretti che purtroppo non sono mai riuscito a conservare e a rendere realmente duraturi, ha trovato ciò che per lui, e anche per tutti, era una soluzione assolutamente adeguata. Sono arrivato all’ufficio postale immaginando che anche in questo ambiente sarei rimasto ben poco, considerati tutti i miei trascorsi; invece, da questo lavoro, sembra proprio che nessuno mi manderà mai via, anche se non mi sono affezionato per niente alle attività che vi devo svolgere. Lascio andare avanti le cose un giorno di seguito all’altro, senza mai interrogarmi troppo su quanto sto facendo, come non ci fosse nessuna diversa soluzione per me, se non continuare così, ed accettare il mio ruolo.

            Questo paese di provincia è ancora più piccolo del mio, quello in cui sono nato, e che peraltro ho sempre un po' odiato, ma dove abito ancora, fortunatamente a pochi chilometri di distanza dal mio posto di lavoro, nelle due stanze poste sopra alla casa dei miei genitori. Al circolino dove vado spesso la sera, ci sono sempre le solite conoscenze lì pronte ad attendermi, e così tra coetanei si parla di cose leggere, si scambiano battute spiritose, ci si sfida alle carte, si beve qualcosa. Se dicessi a qualcuno di loro di non essere soddisfatto di me, si farebbero tutti una grossa risata, e poi basta: la vita è fatta in questa maniera, inutile star qui a lamentarsi o a tirar fuori cose che non si può certo modificare, potrebbero dirmi in un coro. Perciò seguo il mio turno, servo le carte, cerco di fare la giocata migliore a quel tavolo dove sembra che ridere e basta sia per ognuno la maniera migliore per tirare tutto in avanti. C'è stata qualche ragazza negli anni trascorsi, ma non c'è stato mai niente di serio, qualcosa magari più intenso che valesse la pena di essere spedito oltre le solite cose. Mi pare che tutto quanto sia poco accattivante, almeno per uno come me: sicuramente non mi sono mai meritato niente di particolare, però non ho neppure trovato intorno a me una situazione particolarmente incoraggiante.

Nell'ufficio postale dove lavoro si dipanano regolarmente gli elementi di un microcosmo completo, costituito da discorsi monotoni, gesti usuali, facce riviste con espressioni sempre un po' identiche, e discorsi che spesso non vale neppure la pena ascoltare. Smisto i pacchi e la posta, ogni volta che giunge il furgone da Pisa, ogni mattina, al momento in cui vengono scaricate da noi le presunte novità per un paese senza speranza come quello di Calci. Non ho niente contro questi bravi cittadini, è evidente; però sono io che non trovo niente da spartire con loro, così come con tutta questa provincia asfissiante, priva di stimoli, scarna di interesse, immobile e senza futuro. Per me era quasi una sfida essere capace di uscire con una ragazza del luogo, e quando si è concretizzata in un attimo questa possibilità, mi è parso, almeno per una serata, che qualcosa almeno potesse cambiare, e che la persona che vedevo ogni giorno dietro allo sportello dell'ufficio postale, potesse rivelarsi del tutto differente da ciò che avrei già potuto immaginare. Ma non è andata così, e tutto è rimasto esattamente come un colore diffuso sopra una tela incrostata di altri colori, mescolati tra loro in pennellate sovrapposte quasi senza criterio: un astratto, un dipinto senza capo né coda, difficile da interpretare, forse persino senza un vero significato, quasi un'assurdità, come qualcosa per cui è proprio inutile perdere ancora del tempo.

           

Bruno Magnolfi

martedì 13 dicembre 2022

Valore minore.


            Non mi sono mai preoccupata di quello che potrebbero pensare i miei colleghi dell’ufficio postale, nel momento in cui mi soffermo a parlare con i clienti che vengono allo sportello per compiere qualche banale operazione. Mi conoscono quasi tutti, oppure conoscono la mia famiglia, così mi salutano con cortesia, ed io chiedo loro come vadano le cose, della salute dei loro parenti, magari del motivo per cui da tanto tempo questo o quell’altro non si fa più vedere nella nostra agenzia. In molti, mentre stanno davanti allo sportello, proseguono a parlarmi di sé, dei loro problemi, dei piccoli guai ordinari che si trovano ad affrontare, e a me pare sempre qualcosa di importante quello che dicono. Mi sembra comunque una maniera cortese e doverosa di comportarsi la mia, e questo tentativo di fare almeno un po’ di conversazione, in generale porta tutti a farmi un sorriso, e a salutarmi con gioia, parlandomi volentieri delle loro cose, tanto che alla fine vanno via ben soddisfatti del servizio ricevuto, anche se è stato soltanto l’aver spedito una semplice raccomandata. La direttrice mi ha detto una volta che per lei va benissimo che io mi comporti così quando sto allo sportello, però senza mai esagerare, e poi le basta che non mi dilunghi troppo a chiacchierare quando c’è qualche cliente che attende il proprio turno. Ma non c’è mai troppa gente nel nostro ufficio, ed io da sola riesco a servire tutte le persone che vengono da noi nella mattinata. Il resto del tempo di ogni giorno poi lo trascorro con monotonia a casa dei miei, ad aiutare mia madre, specialmente da quando il mio papà si è ammalato, e non riesce più ad alzarsi dal letto, se non con grande fatica e sofferenza. Allora accenno ai miei genitori chi è venuto quel giorno all’ufficio postale e cosa mi ha raccontato, così loro si svagano ed hanno qualche notizia fresca di ciò che accade in paese.

            Forse dovrei aver frequentato di più qualcuno della mia età. negli anni passati, e magari essermi intrufolata in una cerchia di amici e di amiche con cui adesso uscire qualche volta, almeno alla domenica. Invece sono arrivata ad avere quasi trent’anni, e soltanto qualche vecchio compagno di scuola mi saluta con cortesia quando mi incontra per strada, oppure se si fa vedere alle poste per qualche commissione. Ma quasi tutti si sono sposati, ed hanno ormai la loro vita, mentre io sono rimasta ai loro occhi soltanto una zitella. Così, quando questo Alberto, di dieci anni più grande di me, un collega dell’ufficio postale che precedentemente neppure conoscevo, mi ha chiesto sottovoce se mi andasse di uscire con lui una sera, gli ho detto di sì, anche se non ho risposto subito, e l’ho lasciato, almeno per un po’, immerso nel dubbio. A mia mamma naturalmente ho raccontato una balla, poi mi sono fatta attendere con la macchina ad almeno cinquanta metri di distanza da casa mia, in maniera che nessuno sospettasse che quella sera mi vedevo da sola con un uomo, ma lui è stato cortese, mi ha portata in un locale di Pisa che già conosceva, in fondo poco distante dal nostro paese, e mi ha parlato di sé, delle sue giornate, del fatto che a volte si sente un po’ solo. Sostanzialmente mi è parso timido, già così come mi pareva in ufficio, ma in fondo ho apprezzato davvero il suo sforzo per avermi invitata, anche se non mi è sembrato avessimo molte cose in comune.

            Dopo qualche settimana, è tornato alla carica, e con un foglietto quasi incomprensibile lasciato piegato sul piano dello sportello a cui lavoro, mi ha chiesto di nuovo di fare un giro con lui, nella serata. Naturalmente gli ho detto di no, e così l’ho costretto in questo modo a chiedermelo ancora, nei giorni seguenti, almeno per un altro paio di volte. Non sono molto bella, me ne rendo conto, e di lui non sono neppure del tutto sicura che non abbia una fidanzata da qualche parte. Non abita nel mio paese, ma in uno vicino, così non riesco a sapere molto di lui. Sono una preda facile per uno come Alberto, è evidente, ed anche se la sua presenza viene a movimentare un po' le mie giornate, non voglio certe mostrarmi arrendevole. In più c'è da dire che nel nostro ufficio postale basterebbe una sciocchezza per lasciar comprendere a tutti che ce la stiamo intendendo io e lui, e da lì a farne notizia di popolo in tutto il paese, sarebbe proprio un attimo. Quando vado a lavorare, al mattino, lo trovo già lì che smista i pacchi, prima che venga aperto lo sportello per il pubblico. Lo saluto, certamente, ma senza guardarlo mai troppo, anzi tenendo nei suoi confronti quella leggera indifferenza che secondo me è assolutamente necessaria, fermandomi invece spesso a parlare con la direttrice e con gli altri, proprio come se Alberto, ai miei occhi, avesse un valore minore.

 

            Bruno Magnolfi

domenica 4 dicembre 2022

Vicino, così vicino.


            Io e Luciana, avanti l’inaugurazione della sua nuova trattoria, che peraltro oramai è quasi ultimata, ci siamo voluti regalare due giorni fuori città, in un rigenerante luogo di mare, giusto per rilassarci un momento e riprendere lo slancio di cui, nei prossimi tempi, avremo assolutamente bisogno per le nostre attività. Con la mia macchina, transitando lungo la costa toscana, ci siamo fermati a Talamone, in Maremma, dove ricordavo di essermi recato in completa solitudine già qualche anno addietro, e dove adesso ero curioso di tornare, anche per far visitare a Luciana un luogo incantevole, dove peraltro lei non era mai stata, e che, nonostante il pieno inverno, resta comunque un posto affascinante. Così ci siamo fermati nei pressi del delizioso porticciolo ai piedi del paese, e prese le giuste informazioni su un albergo poco più avanti, abbiamo trasferito le nostre poche cose in una delle tante camere libere in questa stagione. La giornata appariva bellissima, calma e piena di sole, così ci siamo subito concessi una piccola passeggiata a piedi sul mare, e quando ci è presa la voglia di noleggiare una barca per un giro fuori dalla baia, lo abbiamo fatto senz’altro, trovando persone gentili che hanno messo a nostra disposizione una piccola lancia con tutte le indicazioni necessarie. Cullati dalle onde, ci siamo subito sentiti in paradiso, ed allora mi sono ricordato del porticciolo militare dalla parte opposta dello specchio d’acqua davanti al borgo marinaro. 

            Per puro capriccio ho voluto fare un passaggio con la nostra barca proprio là vicino, e mi è parso che in quel momento non ci fosse proprio niente di interessante da rilevare. <<Sembra così strano che un luogo del genere sia destinato a dei traffici così pericolosi, e peraltro del tutto estranei ad un posto vocato a tutt’altro>>, ha detto Luciana guardandosi attorno. Ho sorriso, avrei voluto raccontarle lo strano incubo che avevo subìto durante la notte, a seguito del momento in cui mi ero imbattuto in un gruppo di militari che scaricavano una piccola nave carica di casse con bombe e proiettili, ma ho subito lasciato perdere. In certi casi mi perdo facilmente in qualche sciocchezza, ho pensato; come se, semplicemente, non assistendo di persona a quanto ci sembra maggiormente terribile, tutto ciò sia sufficiente a tenere tranquilla la nostra coscienza. <<Provoca angoscia sapere come certe parti di territorio siano destinate ad ordigni e a macchine da guerra>>, le ho detto come per chiudere l’argomento; <<in ogni caso è giusto esserne a conoscenza, così come è giusto essere a conoscenza del fatto che forse da qui partono addirittura delle armi che giungono in luoghi dove realmente si uccide, indipendentemente dalle motivazioni per farlo>>.

            Quindi ci siamo spinti verso il largo, e in poco tempo siamo arrivati fino allo specchio di mare davanti alla cittadina di Porto Santo Stefano. La giornata era ancora bellissima, perciò ci siamo scattati delle foto con lo sfondo del promontorio, ed in seguito siamo poi rientrati al porto e restituito il natante con motore fuori bordo al noleggiatore. <<Mi piace pensare che tutto stia girando in maniera positiva>>, ho detto a Luciana. <<Forse non sono mai stato particolarmente ottimista fino ad oggi>>, ho proseguito; <<però, da ora in avanti, le cose sembrano cambiare in modo veloce, e decisamente per il meglio>>. Lei ha sorriso, e nella luce calda della giornata mi è parso davvero che tutto stesse trovando la propria giusta sistemazione. A piedi siamo arrivati fino alla Rocca che sovrasta il caseggiato del piccolo paese, poi ci siamo presi un aperitivo in un locale poco lontano. <<Siamo persone insignificanti, confrontate a quello che avviene in ogni momento da ogni parte>>, ha detto lei forse in riferimento a quanto ci eravamo detti poco prima. Ho pensato che in questo modo Luciana provasse il desiderio di riappropriarsi di una logica maggiormente intimista, che poi è quella che ci caratterizza di più. <<Però non dobbiamo mai girare lo sguardo da un’altra parte, secondo me, anche se ci costa del sacrificio>>, le ho detto mentre osservavo il suo profilo nella luce del tramonto.

            <<Voglio parlarti di tutto quello che mi è accaduto, tutto quanto fino ad oggi>>, ho proseguito poi con espressione piuttosto seria. <<Desidero che tu assuma un’idea obiettiva su di me, il più possibile>>. Lei ha annuito, ha preso un sorso della sua bibita, poi ha risposto con semplicità che forse comprendere tutto è un compito probabilmente irrealizzabile, e che in ogni caso dobbiamo comunque tentare di formarci un’opinione su quanto è legittimo, su ciò che ci sfiora, quel che sentiamo vicino, che appare simile ai nostri stessi modi di essere; <<anche se tutto il resto non deve sembrarci mai qualcosa di estraneo, distante dai nostri pensieri>>. Mi è parso questo un ottimo proposito, così ho sorriso a Luciana, anche se in quel momento provavo dentro di me la dolce voglia del lasciarmi andare alla commozione, come mi trovassi di fronte a qualcosa che in fin dei conti avevo sempre desiderato, ma senza mai, proprio in nessun altro momento, essere riuscito a raggiungere.

 

            Bruno Magnolfi   

martedì 29 novembre 2022

Esistenza in divenire.


            Al termine di una giornata intensa di lavoro, mentre già ero rimasto da solo, giunge in ufficio una telefonata di Fernando. Non perde tempo, e dice freddamente, come già d’accordo, di avere sempre ricevuto e controllato, in questo lungo periodo, tutti gli aggiornamenti sullo stato finanziario della nostra agenzia immobiliare, ma in ogni caso vorrebbe vedermi al più presto per parlarne di persona; così ci accordiamo per il giorno seguente a quel medesimo orario. Si presenta con un commercialista, si siedono, scartabellano le documentazioni che presento subito sopra al piano della scrivania, poi lui dice che, vista la buona situazione in cui sta versando l’impresa, per la propria uscita dalla nostra società avrebbe stabilito di necessitare del doppio esatto di quanto pattuito inizialmente. Accuso il colpo, abbasso gli occhi, resto in silenzio. Poi, come ho imparato ormai da tempo, rispondo che devo pensarci, senza portare avanti delle obiezioni che apparirebbero ridicole, nonostante la cifra mi appaia spropositata e tale da non permettermi di sostenerla. Chiarisco comunque che gli darò una risposta tra un giorno o due al massimo, così Fernando si alza dalla sedia, dà un’occhiata in giro, e poi se ne va, seguito dal suo uomo, senza chiedere altro. Due giorni dopo, a seguito di attenta riflessione, gli rispondo secco per posta elettronica che la sua proposta è irricevibile, e per come stanno le cose, per me può anche rimanere titolare della sua percentuale di società. Anche lui prende del tempo, infine dice per tutta risposta che in questo momento ha bisogno di liquidi, e quindi si accontenterà di un semplice trenta per cento in più sugli accordi iniziali. <<Devo sentire cosa mi propongono alla mia banca>>, gli rispondo per telefono; poi lascio trascorrere ancora qualche giorno. Infine, Fernando torna ad insistere, dicendo al telefono che, se mi va bene, <<ci possiamo vedere direttamente dal notaio per la cessione di tutto quanto dietro un semplice aumento del venti>>.

            Accetto; l’istituto bancario non crea problemi nel versarmi tutta la cifra, ed il prestito è restituibile addirittura in cinque anni. Ci vediamo un paio di settimane più tardi per la firma del contratto di cessione delle quote, e l’ufficio notarile, dietro al mio bonifico, avvalora e certifica quanto abbiamo stabilito. Stringo la mano a tutti quanti ed alla fine esco leggero e piuttosto soddisfatto da quegli uffici: per me è come se finalmente chiudessi definitivamente con il mio passato, e ritrovarmi indebitato, ma finalmente libero, mi fa sentire benissimo. Fernando durante tutta questa trattativa non mi ha detto niente di sua sorella, ed io naturalmente non gli ho chiesto nulla di lei, anche se resta la mia ex-moglie. Adesso però è come se concretamente tutta la loro famiglia uscisse dalla mia vita, ed io ho la speranza di non sentirne più parlare, almeno per un lungo tempo. La banca mi ha dato fiducia, e soprattutto ha accettato i conti positivi che ho portato in visione sulla scrivania del direttore. Le cose vanno bene, ed io devo proseguire così, senza distrazioni. Vorrei parlarne con qualcuno, ma è difficile. Alla fine, mi vedo con Luciana: lei tra qualche giorno inaugurerà la sua nuova “Trattoria da Mauro”, ed è felice di questo. Per i primi tempi terrà aperto il locale soltanto per la cena, mi spiega, ma in seguito, se le cose sono positive, inizierà a tenere aperto anche per l’ora di pranzo.

            Facciamo un giro in macchina, io e lei, tanto per parlare, così le spiego qualcosa del mio momento lavorativo; poi saliamo fino al mio appartamento. Lei ha già trascorso la notte con me qualche volta, ed io le ho sempre lasciato comunque completa libertà di scelta. <<Ho pensato di portare qui da te qualche mio vestito, Adriano, se non ti dispiace>>, ha detto poi con semplicità. So cosa significa, ma ho cercato di dare comunque poco peso alla faccenda, sottolineando solo la giusta praticità di fare in questo modo. Luciana mi ha abbracciato, ha detto che stava bene con me, che tutto secondo lei stava procedendo a gonfie vele. Ho annuito, e le ho promesso che non avrei mai avuto segreti nei suoi confronti, perché secondo me anche delle piccole incomprensioni senza apparente importanza, possono portare facilmente a distanze poi incolmabili. <<Inizialmente starò io in cucina insieme a due assistenti>>, mi spiega; <<ma in seguito, se le cose procedono come spero, assumerò del personale all’altezza, in maniera da allargare l’offerta dei piatti e delle portate>>. Annuisco, sono molto contento del suo entusiasmo, e sono sicuro che le cose andranno bene, anzi, benissimo. <<Il locale non è grande, per cui più che sull’afflusso dei clienti, devo puntare tutto sulla qualità>>. Sono d’accordo, però il prossimo lungo periodo sarà caratterizzato per ambedue da lavoro molto intenso e da un notevole impegno. Va da sé, comunque sia, che purtroppo avremo sempre meno tempo per noi due: ma stiamo costruendo un futuro fatto tutto e solo per noi stessi, e questo resta il dato più fondante; come un’esistenza avviata e in divenire.

 

            Bruno Magnolfi        

domenica 27 novembre 2022

Strada tortuosa.


            Non so, ma se qualche volta penso a tutto quanto, a tutto ciò che ho fatto intendo, o che mi è accaduto, mi rendo conto che non sono riuscito a comprendere quasi niente delle persone che mi sono girate attorno fino ad oggi. Forse ho solamente tentato con svogliatezza di decifrare quei messaggi che mi sono giunti, ed ho cercato in malo modo di capire il senso che avevano quei gesti, quelle espressioni, le stesse parole che mi arrivavano, tanto che il risultato è sempre apparso negativo, incompleto, inutile, come se il linguaggio che mi sono ritrovato quasi sempre a dover decifrare, fosse del tutto diverso dal mio: di un’altra natura, scollegato, differente. Ho provato a parlarne con Lorenzo, all'ora di pranzo, mentre consumavo uno dei suoi soliti panini, in un momento in cui non c'erano troppi clienti dentro al locale che gestisce; e lui dapprima mi ha sorriso, poi però si è fatto più serio, ed allungandosi sul bancone davanti a cui ero seduto, anche per abbassare il tono della voce e dare alle sue parole un senso confidenziale, mi ha spiegato che secondo lui è un problema che riguarda ogni individuo, in grado maggiore o minore a seconda dei casi, ma che probabilmente è destinato a diffondersi ancora di più, e che dovremo farci i conti sempre più spesso negli anni a venire. <<L'incomunicabilità, è il sintomo del nostro generale malessere; ognuno di noi tende a chiudersi in sé stesso, incapace di spiegare agli altri i propri pensieri>>, ha aggiunto in modo secco. Sono rimasto in silenzio, mentre serviva in giro qualche birra, ed ho capito che, secondo lui, oramai parliamo tutti tra di noi in termini estremamente superficiali, e così non riusciamo ad affrontare gli argomenti più complessi e personali. Forse io stesso sono sempre stato troppo silenzioso con gli altri, ho pensato, e così gli altri non si sono mai sentiti incoraggiati a parlare con me delle loro cose.

Quando sono uscito dal locale di Lorenzo mi è parso comunque di avere una consapevolezza in più, e dopo poco comunque è giunta anche per me l'ora di tornare in agenzia e riprendere la mia attività. Ho pensato però che persino il lavoro che sto portando avanti, dirigendo questi uffici, pare che mi allontani da tutti, lasciandomi da solo a prendere decisioni e a stabilire priorità; ed anche se la mia esperienza mi fa mandare avanti questo mestiere ormai quasi per istinto, in ogni caso mi manca a volte quel potermi rapportare con qualcuno, certe volte magari discutendo e decidendo le soluzioni migliori, in condivisione o meno con altri. I ragazzi che raccolgono tutte le informazioni immobiliari possibili sul territorio cittadino, anche se sono simpatici e abbastanza volenterosi, non possono certo essere trattati da me allo stesso pari: perderei subito verso di loro quell'autorità necessaria per fargli portare avanti al meglio le proprie attività; e la segretaria, che presiede ai nostri uffici e alle linee telefoniche, oltre ad essere in fondo soltanto una ragazzina, so che non deve mai perdere di vista la profonda serietà della sua figura professionale, e quindi del suo posto di lavoro.

Quindi, è come se la mia solitudine si fosse fatta più intensa, almeno da un po' di tempo a questa parte, e la mancanza di contatti sinceri con qualcuno, poco per volta, si fa sentire sempre di più. Sicuramente una parte di colpa è anche mia, che non ho mai cercato, fin da quando ero piccolo, di ascoltare attentamente chi mi parlava, ma nello stesso tempo non sono mai riuscito a spiegare nel profondo il mio pensiero, o forse, addirittura, non ho mai cercato neppure di appurare la possibilità di farlo. Quindi, proprio per tutto questo, provo adesso una grande necessità di avere qualcuno al mio fianco, e l'unica persona con la quale posso condividere sia dei pensieri piacevoli, sia qualche preoccupazione, indubbiamente è Luciana, la stessa ragazza che indubbiamente trattiene dentro di sé delle piccole e grandi sofferenze che forse non è riuscita mai neppure ad esplicare. Il pomeriggio così scivola via veloce, senza che il mio daffare in ufficio mi lasci avere ancora delle riflessioni su tutti questi temi, e quando mi trovo all'ora di chiusura, nel serrare la porta di accesso e ad inserire l'allarme, il primo pensiero che mi passa per la mente è quello di telefonarle, se non altro per sapere come stiano andando le cose nella trattoria, che in linea con i suoi desideri, sta rapidamente prendendo vita.

<<Ciao, stavo proprio pensando a te>>, risponde subito Luciana; <<se volessi passare da queste parti, vorrei mostrarti i lavori così come stanno procedendo>>. Naturalmente accetto subito, poi salgo sulla mia macchina e volo da lei. Mentre parcheggio poi, proprio al momento di spegnere il motore, mi interrogo ancora per un attimo su tutto quello che mi passa per la mente. Mi sento sereno quando sono con Luciana; mi piace tutto di lei; e se la strada per giungere proprio dalle sue parti, alla fine si è mostrata per me oltremodo lunga e faticosa, forse ne valeva comunque tutta la pena.

 

            Bruno Magnolfi

giovedì 24 novembre 2022

Firma indelebile.


            Alla fine di una qualsiasi mattinata di lavoro, dopo aver messo in lista una serie di nuovi potenziali compratori di appartamenti, importantissimi per la nostra agenzia, tutte persone molto interessate alle nostre offerte, e naturalmente desiderose di visitare gli immobili in vendita presso di noi il prima possibile, mi giunge, filtrata dalla giovane ragazza che fa da segretaria nei nostri uffici, una telefonata inaspettata. <<C’è un signore all'apparecchio, uno che dice di chiamarsi Mauro, e di essere il proprietario di una tavola calda>>, dice Elena con la sua voce neutra. <<Certo>>, faccio subito io, <<lo conosco, me lo passi pure>>. Nel breve silenzio elettronico che subito si impone, avverto solo il piccolo scatto di un pulsante, poi indubbiamente un lieve rumoreggiare di voci sul fondo di quel locale che immagino e che conosco bene. <<Buongiorno, signor Adriano, scusi il disturbo>>, mi fa il padre di Luciana con parole garbate ma anche un modo molto abituato a discorrere senza timori con ogni tipo di persona. <<Abbiamo tutt’e due poco tempo da perdere, e quindi mi scuserà se affronto per telefono un argomento che forse meriterebbe essere trattato di persona>>. <<Non si preoccupi, mi dica pure>>, gli faccio io cercando di essere il più possibile alla mano. <<Vede>>, fa lui, <<conosco mia figlia, e da qualche giorno mi pare all’improvviso quasi un’altra, tanto appare entusiasta di lei e del vostro incontrarvi. Siccome abbiamo deciso da poco la trasformazione del locale, lasciando assumere a Luciana la gestione, mentre io contemporaneamente vorrei anche ritirarmi, visto che sono tanti anni che svolgo questo mestiere ed ho maturato ormai l’età della pensione, non vorrei che tutto questo provocasse un gran pasticcio>>. Sorrido, anche se sono da solo nell’ufficio, però mi viene difficile rassicurarlo, nonostante gli dica subito che non è certo mia intenzione confondere sua figlia fino al punto di farle perdere di vista gli impegni di cui si sta prendendo carico. <<Vede>>, prosegue lui; <<tra voi due so che ci corrono diversi anni, questo è innegabile, e Luciana fino ad oggi è sempre stata in famiglia, specialmente dopo che purtroppo è venuta a mancare la sua mamma; così, forse, adesso le manca proprio l’esperienza giusta in certe cose, e poi sinceramente, non vorrei andasse incontro a qualche forte delusione, ecco>>.

            Tiro un respiro, lascio in aria una pausa come per ponderare al meglio le parole che sto per pronunciare, ma infine replico: <<Luciana è una persona adorabile, ed io le voglio bene, lo dico con piena sincerità; se ci sarà un futuro per noi due, adesso mi sembra presto per riuscire a stabilirlo, però è giusto che si sappia fin da subito che io mi impegnerò affinché questo possa realizzarsi>>. Mauro forse vorrebbe aggiungere qualcosa, ma qualcuno sembra che lo chiami nella normale confusione sempre presente dentro al suo locale, così dice soltanto: <<Va bene, va bene; mi scusi ancora se mi sono permesso di disturbarla; però lei è mia figlia, ed io in questo momento ho soltanto il desiderio del meglio possibile per il suo avvenire>>. Ci salutiamo con reciproca cortesia, riattacchiamo la telefonata, e all’improvviso mi sento come se avessi chissà quanti anni di meno, invece di aver superato oramai la mezza età. Ma non importa, Luciana è una ragazza speciale per me, anch’io voglio renderla felice, e mi impegnerò a fondo per spianare la strada a tutto questo.  

Poi indosso il mio soprabito, avverto Elena che sto per uscire, ed infine prendo la mia cartella con i documenti, sostenendo, quasi per giustificarmi, che ho un appuntamento urgente con dei clienti che desiderano visionare uno dei nostri appartamenti in vendita. Ma non è la verità. Fuori dagli uffici compio un lungo giro a piedi, proprio come per andare incontro a chissà quali impegni, ed alla fine mi ritrovo davanti all'agenzia di Elisabetta, il mio vecchio luogo di lavoro, anche se sosto, con una mano sprofondata nella tasca e nell’altra la cartella, dalla parte opposta della strada, ad osservare quell'entrata, la vetrina, i piccoli negozi a fianco. Non so come, però mi nota la mia collega di un tempo, così socchiude la porta, e poi mi guarda, da questi dieci metri di distanza circa, mentre il traffico intenso rende le nostre figure molto più lontane tra di loro. Elisabetta si trattiene sulla porta dell'ufficio, senza uscire del tutto sopra al marciapiede, ed io forse vorrei farle un cenno con la mano, darle un saluto, ma poi mi volto da un lato, e riprendo a camminare, quasi non l'avessi vista.

Il giorno seguente, sopra una delle vetrine opache della mia agenzia "F. & A.", trovo una frattura: un colpo ben assestato con un corpo metallico, una botta insomma, che non ha sfondato il vetro, non ha neppure fatto scattare l'allarme, ha solo composto una piccola ragnatela concentrica poco evidente, ed ha comunque lasciato una firma assolutamente indelebile.

 

Bruno Magnolfi

martedì 22 novembre 2022

Desideri inespressi.


            <<Ciao, Luciana>>, le ho detto, appena si è seduta nella mia macchina. Mi ha guardato con un largo sorriso, ha sfiorato leggermente con la mano il dorso della mia, e ha bisbigliato che aveva da riferirmi una novità che la riguardava da vicino. Ho messo in moto, ingranato la marcia, poi ho svoltato verso la strada principale. Avevamo deciso di vederci già da un paio di giorni, e la scusa stava nel fatto di andare ad assistere ad un concerto del suo cantautore preferito, così mi sono mostrato immediatamente disponibile ad accompagnarla, una volta trovati i biglietti in prevendita. <<Mio padre desidera lasciarmi la gestione della sua rosticceria-tavola calda>>, ha detto subito lei, guardando oltre il parabrezza. <<Ma io gli ho detto che mi piacerebbe trasformare il locale in una trattoria tradizionale, e lui si è mostrato abbastanza favorevole>>. Ho detto subito che questa notizia mi pareva davvero fantastica, e che mi prenotavo già da ora per andare a cena nel suo nuovo ristorante. Lei mi ha spiegato che la sua vera passione era quella di cucinare, proprio come le aveva insegnato sua madre fin da quando era ancora una bambina, e che però, trascorrere tutti questi anni nella rosticceria della famiglia, per lei non era stato il vero coronamento del suo sogno. <<Ma adesso, prese le misure, si è visto che eliminando il bancone riscaldato e tutto il resto, si ottiene uno spazio sufficiente per diversi tavolini, fino a riuscire a mettere seduti anche una quarantina di clienti>>. L’ho guardata per un attimo, mentre eravamo fermi ad un semaforo, trovandola bellissima con quella sua espressione di entusiasmo che fino ad oggi non le conoscevo.

            <<Dobbiamo festeggiare>>, le ho detto mentre cercavo un parcheggio nella zona del teatro Verdi; <<prima assistiamo al concerto, e dopo ce ne andiamo in un locale>>. Così siamo entrati all’interno della sala e ci siamo seduti in platea nei posti a noi assegnati. <<Non ci vorrà neppure troppo tempo>>, ha proseguito lei, parlando sottovoce. <<In fondo, la cucina sul retro è grande, e quindi resta la stessa, almeno per il momento, e per la sala è sufficiente una rifrescata alle pareti, magari dei quadretti appesi che sappiano dare un senso al nuovo locale, e poi l’acquisto di un numero di sedie e tavolini, tipo osteria, che siano sufficienti>>. Le ho sorriso, ancora incredulo, ed ho annuito di nuovo, senza riuscire a trovare neppure le parole giuste per dimostrarle tutta la mia contentezza. <<Lascerò il nome di mio padre nell’insegna, e lui in cambio mi darà una mano agli inizi, e pagherà le spese della trasformazione. Sono felice, non so dirti neppure come io mi senta in questo momento. Mi pare quasi il giusto riscatto per mia madre, che in vita sua è sempre stata in cucina a sbucciare solo patate o poco più>>. Poi un presentatore è salito sul palco ed ha annunciato con enfasi il cantante ed il gruppo dei musicisti che lo accompagnavano, ed io allora ho preso una mano di Luciana, e lei si è stretta a me. Ho pensato subito che ad un momento così non ci fosse proprio niente da aggiungere: la musica fluiva, le canzoni apparivano bellissime, la serata era felice.

            In un caffè elegante poco lontano ci siamo fatti servire poi due coppe di spumante di gran marca, e dei tramezzini leggeri che ne accompagnassero ogni sorso. Io e Luciana abbiamo parlato di quei testi in musica appena ascoltati, e ci siamo trovati perfettamente d’accordo su molti di quegli argomenti, tanto da sembrare che attorno a noi non esistesse quasi più niente, come fossimo protetti da una grande bolla di vetro: all’interno, solo noi due, i nostri sguardi, le nostre parole, le espressioni sorridenti, con la costruzione calma di una relazione ancora da iniziare, ma desiderata fortemente. Quando infine siamo usciti, poco prima di salire in macchina, ci siamo scambiati un bacio, così, in mezzo ad un parcheggio, come ragazzini che non tengono conto di nulla, provando la necessità di sentirsi liberi di manifestare qualcosa di prezioso che improvvisamente sentivamo dentro. Ci siamo salutati davanti casa sua, con tenerezza, senza voler esagerare nel nostro ritrovarsi vicini. Tornando indietro, da solo dentro la mia auto, mi è sembrato che qualcosa di Luciana fosse ancora accanto a me, forse i suoi silenzi, il suo guardarmi, il suo bagaglio di sentimenti puri.

            Sono rientrato nel mio appartamento come se ancora volassi sopra al pavimento, poi mi sono concentrato per qualche momento sulla giornata di lavoro che mi attendeva l’indomani, poi ho dato un’ultima occhiata, nella stanza adibita a studio, sulla mia agenda degli impegni, ed infine mi sono coricato, provando quella leggerezza che non avevo più avvertito da chissà quanto tempo. Il silenzio della notte, infine, mi ha chiuso gli occhi, e tutto intorno ha preso lentamente la forma dei desideri rimasti inespressi, e forse schiacciati in un angolo angusto, e quindi dimenticati; fino a poco prima.       

 

            Bruno Magnolfi

lunedì 21 novembre 2022

Nessuna lamentela.


Alla fine, il vero trasferimento è risultato relativo soltanto a degli scatoloni pieni di libri, ai miei vestiti personali, e poi alla biancheria della casa, oltre a qualche mobiletto a cui sono particolarmente affezionato, ed infine ad alcuni elettrodomestici della cucina, insieme a qualcos'altro meno importante. Perciò, non è risultato necessario neppure interpellare una vera impresa di traslochi a cui affidare questi compiti di facchinaggio, ed è stato sufficiente farmi aiutare da un paio di ragazzi in gamba, persone che conosco da tempo proprio per il mio ambito di lavoro, e insieme a loro, tramite un furgone e qualche altro strumento adatto, l’intervento si è risolto con rapidità ed efficienza. Il nuovo appartamento al primo piano di via Mazzini invece, era completamente vuoto alla firma del contratto, ma insieme a Luciana, che mi ha accompagnato volentieri, ci siamo infilati subito in un mobilificio cittadino fornito di una vasta esposizione, e così abbiamo ordinato, con le misure delle pareti tra le mani, tutto ciò che poteva servire, arredando con gusto le spaziose cinque stanze che lo compongono. Mi piace respirare quest'aria di nuovo, non avevo riflettuto fino adesso quanto fosse deleterio per me e per il mio umore abitare ancora in quel piccolo appartamento che parecchi anni fa prendemmo in affitto io e la mia ex-moglie, poco prima di sposarci, e dove in seguito ero rimasto a vivere da solo. Invece, aver trovato questo nuovo alloggio, peraltro sito a poche centinaia di metri dal mio luogo di lavoro, è stato un vero colpo di fortuna, una combinazione da me molto apprezzata, tanto che le cose sembrano adesso girare improvvisamente tutte in un senso positivo.

I coinquilini del palazzo dove praticamente ho abitato fino ad oggi, non si sono neppure accorti di perdere nell’ambito di una sola giornata un loro vicino di casa, escluso il solito pensionato che staziona regolarmente subito fuori dal portone principale, ed annota nella sua mente ogni variazione che avviene da quelle parti. Anzi, lui è stato molto cortese con me, e quando ha capito che stavo ormai uscendo dal condominio per non tornarci più, almeno come residente nell’appartamento del terzo piano, mi ha stretto la mano e mi ha augurato buona fortuna, forse anche con un filo di vero dispiacere per veder andarsene un proprio conoscente. La mia nuova abitazione però, sembra proprio voler dare una spinta al mio desiderio di cambiare, ed anche se ci vorrà un po’ di tempo per ambientarmi completamente in queste stanze così spaziose, mi sento molto soddisfatto, incoraggiato persino ad apportare con calma delle piccole modifiche di varia natura, qualche miglioria, ed anche dei piccoli spostamenti di alcuni oggetti al momento appoggiati da qualche parte in via del tutto provvisoria. Stanotte ho dormito per la prima volta nella mia nuova camera spaziosa, che ancora profuma di intatto, ed anche se le differenze incontrate hanno portato qualche debole perplessità tra le mie abitudini, ugualmente mi sono trovato bene, perfettamente a mio agio.

Anche l’intero palazzo in cui è inserito l’appartamento appare di buon livello e maggiormente curato in ogni sua parte, almeno rispetto a dove ho abitato fino a ieri, oltre ad avere un ingresso condominiale vasto ed elegante, tanto che a me ancora sembra impossibile riuscire a permettermi dei dettagli e certe finiture così come appaiono in tutto l’edificio, anche se naturalmente ho soltanto stipulato un semplice contratto di affitto con i proprietari delle stanze, pur rassicurandoli di voler rimanere ad abitare qui per molto tempo. Costa di più, è naturale, ma il mio attuale stipendio mi permette di coprire bene le spese di locazione, mentre i pochi soldi risparmiati in questi anni mi hanno lasciato la possibilità di acquistare in contanti i nuovi mobili. Insomma, va tutto bene, ed anche il mio lavoro nell’agenzia immobiliare scivola tranquillo, confortando il mio impegno ogni giorno con della nuova clientela che si avvicina sempre di più ai nostri servizi, che appaiono pubblicizzati in allettanti offerte. Oltre Luciana, che si è dimostrata molto carina nel supportarmi in questa fase di cambiamento, il primo che ho avvertito del mio trasloco è stato Lorenzo, che si è complimentato per la mia “rinascita”, come lui l’ha definita, ed è arrivato persino ad offrirmi, dentro al suo locale, una bevuta beneaugurante, che ha scambiato con me sedendosi al mio tavolo per qualche minuto, a dimostrazione del suo incoraggiamento e delle proprie congratulazioni rispetto alle mie scelte. Insomma, sembra proprio viaggiare tutto bene, ed anche se il personale dell’agenzia che mi trovo a dirigere, vada spesso spronato a fare meglio, ed anche controllato, ad evitare brutte sorprese, non trovo proprio qualcosa di cui debba lamentarmi. Ho una bella casa, un buon lavoro, un’automobile nuova, mi sento in forma: non mi pare proprio il caso di lagnarmi di qualcosa.

 

Bruno Magnolfi 

sabato 19 novembre 2022

Procedimento imprevisto.


Sono seduto davanti alla mia scrivania da dirigente dell’agenzia immobiliare "F. & A.", e sto riflettendo su come sembri addirittura impossibile che per più di cinque anni io abbia potuto condividere l'esistenza con una donna della quale, mi rendo conto soltanto adesso, non avevo compreso quasi nulla. Mentre sono da solo in ufficio, torno ancora a scorrere per incredulità le righe stampate su una lettera a firma di un certo avvocato, che in via confidenziale mi fa presente come non sia più possibile reclamare dei diritti sull'eredità ricevuta qualche tempo addietro in proprio favore dalla mia ex-moglie Laura, in quanto pienamente risarcito tramite la donazione a mio nome di una percentuale aziendale piuttosto cospicua della proprietà di questa stessa agenzia dove adesso mi trovo a svolgere il mio lavoro, a fronte peraltro, si dice nella lettera, anche di un regolare ed alto stipendio da direttore. Ora penso questo: non mi sarebbe mai passato per la testa di intentare una causa contro di lei per pretendere qualcosa di un suo bene di famiglia, e non vedo proprio quali pretese avrei potuto apportare in questo contesto, visto che avevamo già affrontato una rapida e dolorosa separazione; ma anche se avessi avuto diritto a qualcosa, per ragioni legali, ne avrei indubbiamente parlato con Laura, prima di intentare qualsiasi altra cosa. Adesso, veder scritta su carta un'offesa del genere alla mia buona fede, ed anche nei confronti delle mie più distanti intenzioni, mi pare addirittura un'enormità. Tanto più che quando l'attività speculativa di suo fratello Fernando lo ha portato ad aprire l'immobiliare che adesso dirigo, nessuno aveva parlato di risarcimenti di ordine familiare, ma soltanto di fondi corposi messi assieme da lui con il proprio intenso lavoro in Nuova Zelanda, e che, una volta tornato in patria, desiderava mettere a frutto aprendo un'impresa in cui investire solamente un certo capitale di partenza, lasciando poi gestire a me tutto quanto, fidandosi ovviamente della mia pluriennale esperienza nel settore immobiliare. Non avevo trovato niente di male in un'operazione del genere, a parte quella che ritenevo solo una incidentale parentela.

Ma tutto questo non basta: allegata alla lettera è stato inserito un documento ulteriore vergato su della preziosa carta intestata, molto ben scritto, in cui si chiede semplicemente di apporre la mia firma in calce in fondo al foglio, e a seguito ovviamente rispedirlo al mittente per raccomandata, dimostrando in questa maniera la mia intenzione manifesta di non avanzare pretese nei confronti di Laura, sia nel presente, sia nel futuro. Torna del tutto naturale che io firmi immediatamente questo foglio; non desidero niente da lei, e desidero far ciò non foss’altro che per il gusto di tranciare di netto ogni relazione eventualmente rimasta in sospeso con la mia ex-moglie, ed anche con suo fratello, con il quale purtroppo dovrò ancora incontrarmi tra diversi mesi per aggiornare in mio favore, come da accordi, la proprietà della neonata agenzia che rappresento. Naturalmente io dovrò riscattare con un mutuo la parte rimasta nel possesso di Fernando, almeno in questa fase, ma proseguendo le attività dell’immobiliare con queste premesse così positive che si stanno mostrando, non credo che ci potranno essere proprio dei problemi nel rispettare i tempi di quanto previsto. Forse è giunto per me soltanto con queste carte il vero momento per voltare pagina, per chiudere completamente con il mio passato, per aprire le porte a qualcosa indubbiamente da rinnovare, e che forse non avrei mai immaginato fino a poco fa. Nei prossimi mesi credo che cambierò di me tutto ciò che sarà ancora possibile, ed anche di quanto appare ulteriormente ancorato agli anni trascorsi, persino le abitudini, tanto è mia intenzione calcare al massimo le variazioni attuabili nelle mie giornate. 

Infine, esco dall'ufficio, chiudo l'agenzia, inserisco l'allarme. Faccio un salto da Lorenzo per distrarmi, nel suo locale poco distante, ma se non c'è lui dietro al bancone non mi fermerò neppure. E invece è lì, lo saluto, mi sento bene, gli dico, poi sorrido, faccio presente che sono contento di vederlo. <<Hai forse preso qualche decisione importante?>>, fa lui tanto per stuzzicare. <<Forse>>, faccio io, <<ma niente di particolarmente interessante>>. Lui mi serve la solita birra rossa piccola alla spina, poi mi guarda un momento. <<Stai cambiando>>, dice tranquillo; <<e spero in meglio>>. Sorrido, mi guardo attorno, gli dico che qualcosa effettivamente si sta muovendo, che provo un nuovo entusiasmo, e forse non sento più la necessità di abbassare la testa e di lasciare che le cose procedano per conto proprio. Lui annuisce, non sa che cosa io pensi davvero, però è certo che uno come Lorenzo sa comprendere al volo l'aria che tira. Va avanti e indietro nel servire altri clienti, poi si ferma di nuovo da me e mi guarda per un po'. <<A volte vorrei essere come te>>, gli dico, quasi con commozione. <<No, tu sei ben altro>>, fa lui; <<e stai ancora migliorando>>. Sorrido, butto giù l'ultimo sorso, poi me ne vado.

Fuori l'aria è fresca, quasi piacevole. Penso a domani: c'è un grande appartamento che verrà venduto, proprio domani; e l'acquirente verserà sul conto bancario della mia agenzia una quota corposa già prevista. Bene; andiamo avanti, mi dico, tutto procede.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 16 novembre 2022

Diverse solitudini.


            Oggi è domenica, ed io non ho proprio alcun impegno, posso restare a letto fino a tardi, anche se è da un pezzo ormai che sono sveglio. Quando ancora abitavo con mia moglie in questa piccola casa, non mi sarei mai attardato così a lungo prima di saltare fuori dalle coperte e mettermi rapidamente in piedi, almeno per assecondarla. Luciana invece, a quest’ora, probabilmente è già al lavoro nella rosticceria di suo padre, e sta lì sicuramente a sfornare teglie calde e vassoi da appoggiare dentro al capiente bancone riscaldato. Alla fine della mattinata potrei passare come per caso da quelle parti, magari quando ormai non c’è più quasi nessuno da servire. Proprio da Luciana potrei farmi sistemare dentro una busta qualcosa per un buon pranzo da asporto, e forse anche chiederle se è possibile vederci, magari nel tardo pomeriggio, oppure nella serata, come lei preferisce. Forse Luciana in quel caso si potrebbe fermare per un attimo, guardarsi lentamente attorno, pulirsi leggermente le mani sul grembiule bianco, prendere del tempo insomma, e poi dire soltanto: <<Va bene; ti aspetto a casa di mio padre, se vuoi passare a prendermi>>. Sarei contento, se tutto accadesse esattamente in questo modo, ed in quel caso senz’altro le sorriderei con garbo, pagando alla cassa quanto dovuto, e lasciandole poi un piccolo saluto d’intesa. Ma non sempre le cose vanno così, ne sono cosciente, per cui mi sento preparato già da adesso ad un suo rifiuto, tanto da chiedermi se valga la pena persino di andare fino là a mettere in opera questo mio sciocco tentativo.

Resto per parecchio tempo a riflettere su come sia meglio comportarmi, poi mi alzo dal letto, mi lavo, taglio la barba, scelgo gli abiti adatti da indossare, ed alla fine, dopo aver anche fatto tante altre piccole cose di minore importanza, mi decido ad uscire. Compio a piedi un lungo giro senza una meta precisa, poi, quasi provando una specie di innegabile attrazione, mi ritrovo davanti alle vetrine della rosticceria "da Mauro", per dare un’occhiata. Luciana è al suo posto, dietro al bancone, proprio come mi ero immaginato, ed io entro subito e le rivolgo un debole sorriso di saluto, mentre attendo il mio turno per essere servito. Poi le indico col dito sopra al vetro quello che desidero tra quanto è rimasto, vista l’ora, e lei, senza dirmi niente, asseconda fedelmente le mie preferenze. Sistema ogni cosa con cura dentro a dei contenitori, poi compone una busta che mi porge sopra al banco, guardandomi un attimo negli occhi. <<Ci vediamo stasera?>>, le chiedo allora rapido, toccandole la mano, mentre prendo quanto sta porgendo, in un momento in cui soltanto lei può sentire quel che dico; e Luciana attende un momento prima di rispondere, proprio come mi ero immaginato. <<Si>>, dice alla fine sottovoce; <<portami dove posso dimenticare per un po’ tutto questo brutto periodo>>.

Torno verso casa, ed improvvisamente mi sento bene, come se finalmente tante tra tutte quelle cose rimaste in aria, fossero ormai risolte, e non avessero più necessità di essere affrontate e tradotte in termini più semplici. Non voglio più stare da solo, adesso ne ho certezza; desidero scambiare i miei pensieri con Luciana, ascoltare attentamente le sue parole, almeno in quei momenti in cui desidera parlarmi, e poi sentirla accanto, aiutarla a dipanare i propri crucci, e condividere con lei tutto il possibile. Voglio capire i suoi pensieri, comprendere le sue idee, i suoi desideri, ed azzerare tutte le sciocchezze che si sono messe di traverso tra noi due, parlando e comportandomi con il massimo possibile di sincerità. Forse può essere che il mio si dimostri ancora una volta solamente un gesto completamente inutile, come tanti che ho già fatto; però adesso voglio portarlo fino in fondo, e mettere subito mano a quanto di meglio riesco a fare, affinché niente con lei resti intentato.

Al più presto devo cambiare abitazione, prendere in affitto un appartamento più spazioso, dove non si respiri ancora l’aria della mia ex-moglie, e dove anche Luciana possa sentirsi libera di seguirmi se le va. Soltanto adesso forse ho compreso il suo riserbo, la ritrosia dimostrata nel venire a visitare le mie stanze da singolo che furono abitate da una coppia, ma desidero superare al più presto anche queste difficoltà, ora che mi appaiono molto più chiare. Le farò scegliere qualcosa del nuovo arredamento, farla sentire a proprio agio insieme a me, e farle scordare un po’ il proprio passato, se è quello un ostacolo tra noi, nello stesso momento in cui io mi impegnerò con tutte le mie forze a dimenticare il mio. Ma certo, come avevo fatto a non pensarci prima: Luciana è più giovane di me, non ha esperienza, ha sempre abitato con i genitori prima, e poi solo con suo padre, quando la madre è morta. I miei trascorsi l’hanno spaventata, ha immaginato di me un uomo pronto soltanto a divertirsi, incapace di comprendere i suoi dubbi; ma adesso devo soltanto dimostrarle che non è così, che noi due possiamo darci davvero un futuro insieme, e condividere così le nostre diverse solitudini.

 

Bruno Magnolfi  

lunedì 14 novembre 2022

Peccato.


            Ultimamente mi sembra di procedere sempre di più nel chiudermi in me stesso, forse lentamente, ma con un evidente moto costante, e di avvertire, nel provare questa sensazione di isolamento da tutto, il rischio di poter perdere completamente la capacità di sentirmi come gli altri. Osservo con attenzione tutti, in special modo coloro che conosco, e mi appaiono oramai sempre più distanti dai miei modelli, come se la loro stessa struttura di pensiero, ma anche le aspirazioni, le necessità, le voglie istintive, fossero del tutto differenti alle mie, ed in me adesso fosse annidato soltanto un malessere diffuso, un’incapacità latente a togliermi di dosso il lato più sensibile al dolore. Sto male, anche se non comprendo con precisione perché e di che cosa. Forse proprio di questa differenza che rilevo quotidianamente. Mi rigiro in mezzo alle mie cose, e subito le disprezzo, nella stessa maniera in cui potrei odiare una rete a grandi maglie dentro cui sono caduto, come in una trappola, chissà in quale maniera, e che adesso quasi mi costringe ad un completo immobilismo, senza neanche concedermi la possibilità di chiedere soccorso, un intervento caritatevole, un aiuto qualsiasi, per liberarmi dall’obbligo di restare immobile, così, senza nessuna possibilità di scelta. Vorrei tanto, certe volte, avviare dei cambiamenti nelle mie giornate, giusto per dare variazione ai soliti percorsi, ma poi ricado con semplicità nelle abitudini, e quando mi accorgo che molte persone attorno a me spesso non fanno neppure caso a ciò di cui io al loro posto mi preoccuperei parecchio, ecco che giunge il moto spontaneo di netta chiusura tra me e tutti questi.

            Con questi pensieri entro nella birreria di Lorenzo, forse l'unico, tra chi frequento, che riesce a comprendermi anche senza dover porre delle vere domande, ma lui non c'è stasera, e a servire dietro al bancone oggi è presente soltanto uno dei suoi colleghi, anche se questo in genere è il suo orario. Mi siedo, prendo una birra, aspetto che accada qualcosa, anche se sembra tutto calmo. Ci sono dei ragazzi che parlano tra loro, e ad un tavolo una coppia discute di qualcosa sottovoce. Dopo un po' arriva Lorenzo, fa un cenno all’altro e poi sparisce sul retro. Quando torna a farsi vedere dietro al bancone mi saluta, sistema subito qualcosa che forse è ancora da mettere un po’ in ordine, poi inizia col preparare dei panini che hanno appena ordinato un paio dei ragazzi. <<Sembra che la tua agenzia vada forte>>, mi fa senza alcuna enfasi. Non rispondo niente, so che lui intende solamente punzecchiarmi per farmi dire qualcosa, ma non è esattamente di questo che vorrei parlare. Aspetto qualche minuto, poi, quando mi ripassa proprio davanti, dico: <<Mi dispiace per Elisabetta, se è questo che vuoi sentirti dire; e poi sono stato preso in mezzo, senza la possibilità di tirarmi indietro, anche se la mia idea non era certo quella di mettere su una nuova attività>>. Lui non dice niente, prosegue a svolgere i propri compiti dietro al bancone, e alla fine viene vicino a dirmi: <<Non ce l’ho con te, lo so che in fondo sei buono, però non dovresti allontanare tutti in questo modo>>.

            Immagino che Lorenzo ultimamente abbia parlato con Elisabetta, e lei si sia sfogata spiegandogli che le cose per il suo lavoro stanno andando male, che la sua conosciutissima agenzia di quartiere, grazie a me, ha già perduto dei clienti, che la sostituzione della mia figura professionale risulta meno semplice di quello che sembrava, e che alla fine ha subìto uno scherzo che non si meritava. <<Non è facile certe volte essere sé stessi>>, gli dico tanto per dire, ma lui non mi risponde, continua a servire gli altri clienti, passa e ripassa davanti a me, ma è come se ormai non esistessi. Mi alzo, pago la birra, quindi mi avvio per uscire dal locale. Non so neppure io cosa sia meglio fare: se fregarmene di tutto, oppure fare qualche tentativo per recuperare qualcosa dei rapporti con le persone che maggiormente mi interessano. Mentre giungo sulla soglia del locale, Lorenzo mi raggiunge: <<Mi sa che sei sempre più da solo>>, mi dice mentre corregge qualche prezzo della birra sulla lavagnetta dell’entrata. <<Forse cambio casa>>, gli dico non trovando altro argomento. <<Magari ti fa bene>>, risponde lui; <<Ma non andare ad abitare troppo lontano da qui, altrimenti diverrai sempre più un estraneo>>. Allora gli metto una mano sulla spalla, per salutarlo, e infine esco.

            Sto pensando troppo a me stesso, almeno in questo periodo, rifletto mentre mi incammino verso la mia macchina. Devo assolutamente trovare la maniera di svagare la mia mente, e di trovare di nuovo quella leggerezza che sembrava accompagnarmi fino a qualche tempo fa. Non sono più neppure passato dalla tavola calda di Luciana, da diversi giorni, e lei comunque non mi ha telefonato: ci stiamo perdendo, proprio come avevo immaginato; ma non riesco neanche a decidere, giunti a questo punto, se sia un bene per ambedue, oppure un vero peccato.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 12 novembre 2022

Tutto alle spalle.


            Mi sono reso conto che Fernando è soltanto un faccendiere, un affarista spregiudicato, un individuo senza tanti scrupoli, capace quasi di tutto, se appena la situazione lo richiede; una persona che è riuscita con facilità, ed anche in poco tempo, ad aggirare il mio comportamento ingenuo con dei semplici stratagemmi in cui sono caduto come uno sciocco, lasciandomi poi da solo ad impegnarmi nel portare avanti una società che lui ha creato grazie a me e alle mie spalle, pronto però a rastrellare la maggior parte degli utili frutto del lavoro mio e dei miei collaboratori, ed a parte aver impiegato il capitale di partenza, senza neppure muovere un solo dito per meritarsi i proventi della nostra ormai già ben avviata agenzia immobiliare. Certo, io non avrei potuto fare altro, anche se avessi compreso tutto il suo raggiro, se non mandare avanti le cose che la mia esperienza nel settore mi ha reso in grado di fare, e poi va da sé che mi sono stupidamente bevuto, senza provare proprio nessun dubbio, la storiella della mia ex-moglie improvvisamente piena di quattrini che ad un certo punto metteva di mezzo il proprio fratello per ripagare in qualche modo il suo ex-marito fesso dalla fregatura incassata col divorzio. Essere cascato in questa trappola mi fa sentire adesso soltanto un povero sciocco, anche se alla fine comprendo che sia convenuto anche a me lo stare al gioco e mandare avanti le cose esattamente come loro le avevano previste.  

Non capisco però come sia possibile per certi individui mostrare una completa indifferenza nei confronti dei sentimenti di tutti gli altri, e Fernando adesso sa perfettamente quanto io mi senta profondamente ferito nell'orgoglio, e così se n'è tornato tranquillamente nella sua Nuova Zelanda, senz'altro anche per stare dietro a qualche altra faccenda poco chiara delle sue, ma soprattutto per evitare ancora di incontrarmi e di dover concedere a me qualche spiegazione. Qui in città in fondo nessuno lo conosce, così tutti coloro che vedono lungo la strada principale l'insegna luminosa dell'agenzia di immobili "F. & A.", non pensano certo a quel socio fantasma, a chi non appare mai insomma, a qualcuno che neppure si conosce e che non si è mai visto, ma soltanto a me, a colui che ci ha messo la faccia in questa impresa, e che passa sicuramente come l'arrivista pronto a calpestare tutto per i soldi e per gli affari. Passerà anche questo momento, mi dico certe sere nel momento in cui mi sdraio nel mio letto, e smetterò di provare questa sensazione quasi da opportunista quando incontro per strada qualcuno che conosco e che mi riconosce. Sono peraltro convinto, anche se ancora non ne ho parlato con Luciana, che lei sappia benissimo cosa io abbia fatto in questo frangente, anche se sono certo che non conosca affatto i retroscena di tutta la vicenda. È stata forse fredda con me quando ci siamo visti. Probabilmente ha già compreso tutto, ho subito pensato. Oppure niente.

Potrei addirittura non cercarla più, in fondo ci vuole niente a perdersi. Nessuna spiegazione, nulla di quante possibili parole si possono sprecare per chiarire qualcosa di inspiegabile. In fondo non ho bisogno di niente: né di amicizia, né di carezze ambigue; l'incapacità che sento nello scambiare una normale comunicazione con tutti gli altri, sembra adesso proprio la cifra che contraddistingue ogni mio passo. Tanto vale prenderne coscienza e farne a meno. I ragazzi che prestano lavoro a tempo determinato presso l’agenzia ovviamente mi salutano ogni giorno con rispetto, come fossi io il proprietario ed il padrone di tutta la baracca. Ma io non mi sento così, e nello stesso momento in cui cerco di essere umile per smorzare quella idea di fondo che quasi sicuramente gira in modo costante nelle loro teste, forse mi rendo immediatamente quasi ridicolo ai loro sguardi inconsapevoli. Sono diventato un personaggio strano, mi rendo conto, una figura poco chiara, un individuo ambiguo, e mi sarà probabilmente impossibile, nei tempi a venire, riuscire a impossessarmi di un profilo maggiormente definito e più solare.

Poi incontro il solito vicino di casa mentre sto rientrando. Lui mi saluta, forse senza trovare al momento dentro di sé niente da chiedermi, o qualcosa magari di cui parlare senza impegno, come fa sempre, ma io mi fermo immediatamente di fronte a lui, lo guardo in faccia come per chiedergli qualcosa di importante, e invece gli comunico tutto d'un fiato: <<Cambio casa, vado via da questo condominio; in fondo, a parte con lei, non ho mai avuto veri rapporti con i miei vicini, neppure con la famiglia con cui condivido lo stesso pianerottolo>>. Lui resta senza parole, mi guarda perplesso, poi sillaba, a bassa voce: <<Mi dispiace; e dove va ad abitare?>>. Questa domanda mi coglie impreparato, ma non ha alcuna importanza, ho la risposta giusta: <<Ancora non lo so, devo valutare in questi giorni alcune possibilità>>. Poi lo saluto e salgo le scale fino al mio appartamento. Ho compiuto il passo, rifletto; non tornerò più indietro.

 

Bruno Magnolfi

giovedì 10 novembre 2022

Oltre il presente.


            Se ci penso attentamente, mi pare persino impossibile essermi ritrovato in una situazione di questo genere, soprattutto perché sono consapevole di come in tutto questo si sia verificata solamente una serie quasi infinita di ordinarie incomprensioni. Se rifletto che ho potuto lavorare per anni al fianco di una persona che mi era sempre apparsa scostante nei miei confronti, chiusa al massimo verso di me, quasi fossi uno di cui sopportare a malapena la presenza, laddove scopro soltanto adesso che invece per lei era vero tutto il contrario, e che semplicemente non siamo mai riusciti ad attivare fra di noi una adeguata comunicazione, ancora rimango basito. Così come non ho ancora compreso esattamente i veri e fondati motivi che in precedenza hanno portato il mio matrimonio poco per volta verso l'inevitabile divorzio. Non so, semplicemente non sono stato in grado di comprendere parecchie cose, lo riconosco, ma non tutti possono essere così attenti e perspicaci.

No, devo ammetterlo, con le donne non sono mai riuscito a capirci niente, ma a questo punto a cosa servirebbe continuare ad analizzare tutto quanto per cercare qualche spiegazione che assopisca ogni mio moto di nervosismo? A niente; tanto vale per me dichiararmi preso nel gorgo delle cose, e andare avanti magari evitando di nuovo quello sbirciare curioso verso gli elementi del passato, sempre con la pretesa di poterli finalmente spiegare in modo esaustivo, una volta per tutte. Se poi ascolto gli altri quando mi parlano, a me sembra che tutte quante le parole che giungono alle mie orecchie fluttuino per conto proprio nella mia testa senza trovare una reale conclusione. Ascolto, seguo ogni argomento, ma spesso mi pare che tutto sia scucito dal contesto, e allora per me rimangono in aria parecchie cose irrisolte, e di tutto il resto afferro quasi soltanto la costruzione delle frasi, senza il loro più concreto significato. È persino una sensazione strana da definire, tanto che non ne ho mai parlato con nessuno, anche se ritengo che succeda la stessa esatta cosa anche a molte altre persone che conosco, particolare che ognuno per ovvietà tende con sicurezza a trattenere per sé gelosamente. Quando parlo con un conoscente, non credo che quello comprenda davvero ciò che sto dicendo, limitandosi probabilmente ad annuire solo a certi aspetti scontati e maggiormente superficiali. Tutto il resto si perde, ne sono più che sicuro, tanto da comprendere, alla fine dei miei discorsi, soltanto qualcosa che poi non serve a niente, e che nei casi peggiori riesce ad essere tranquillamente travisato.

Entro nella birreria di Lorenzo, anche stasera, tanto per trovarmi davanti una persona a cui ancora concedo una grande fiducia nelle proprie capacità di afferrare al volo quanto mi passa per la testa. Non mi guarda direttamente, però fa una piccola smorfia simpatica mentre spilla per me una rossa piccola alla spina. <<Ho visto Elisabetta>>, mi dice poi sottovoce, con lo stesso tono di quando chiede se desidero più o meno schiuma nella birra. <<Mi ha detto che tu non hai capito nulla di lei, e che forse è oramai anche troppo tardi per tentare una vera spiegazione>>. Non mi meraviglia affatto questa cosa, così gli sorrido abbassando lo sguardo, tanto per sottolineare che tutto ciò mostra soltanto il lato ironico delle mie giornate, quello che mi porta sempre più distante da chi sembra starmi più vicino. Lorenzo poi serve altri clienti, e a me non viene nulla da aggiungere a quanto ho appena ascoltato, tanto che quando lui torna verso di me, gli dico solamente che mi dispiace, ma in tutto ciò non posso assolutamente farci niente. Lui probabilmente non è d’accordo, ma non replica affatto, ed io alla fine scolo la mia birra, lascio qualche moneta sul bancone, e quindi me ne vado. 

Non so di che cosa io senta la necessità, però al momento mi pare che potrei decidere addirittura di cambiare quasi tutto delle mie giornate: avviare nuove abitudini, nuove conoscenze, darmi un nuovo tono, gettando alle ortiche il mio solito comportamento melenso e da perdente. Alcune cose in fondo non stanno affatto andando male, e probabilmente devo puntare proprio su quelle per ritrovare lo spirito giusto, quello di chi non sta troppo a preoccuparsi delle sfumature. Passo dal mio ufficio, anche se a quest’ora non c’è più nessuno. Entro, mi siedo, e dalla scrivania telefono a Luciana, chiedendole senza giri di parole di vederci. Lei ci pensa un attimo, poi accetta. <<Passo a prenderti con la mia macchina tra una mezz’ora>>, le dico, e lei risponde che va bene. Forse è Luciana il mio futuro, penso deciso mentre avvio il motore dell’auto nuova che ho appena acquistato, dando indietro la vecchia utilitaria. Devo essere sereno, mi ripeto mentre guido senza meta lungo alcune strade che conosco, giusto per perdere del tempo. Ho bisogno di credere maggiormente nel futuro, sentirmi positivo, adeguato ai tempi, ed accettare tutto il resto con una certa indifferenza, come se non mi riguardasse troppo a fondo, lasciandomi alle spalle, insomma, ciò che non mi serve. 

 

Bruno Magnolfi       

mercoledì 9 novembre 2022

Lasciandomi tranquillo.


            Stasera sono andato a mangiare, come facevo fino a qualche tempo fa, nella tavola calda “da Mauro”. Dei soli cinque presenti, c’era soltanto un altro tavolo occupato, così mi sono seduto a quello d’angolo, dopo aver osservato per qualche momento i vassoi dentro al bancone riscaldato della rosticceria da asporto. Infine, mi sono fatto servire una semplice porzione di lasagne, e poi un piccolo tortino ai carciofi, accompagnato da mezzo litro di vino sfuso. Nella calma del locale mi è parso per un attimo di essere tornato indietro nel tempo, anche se adesso non c’era Luciana a servirmi e a farmi compagnia, e questo mi ha provocato il desiderio di liberare la mente da tutte le preoccupazioni e le amarezze che sembrano volermi attanagliare in questo ultimo periodo. Suo padre dopo un po’ mi ha visto, dal retro del negozio, e allora si è avvicinato al mio tavolo, ma giusto per dirmi con cortesia che lei si sente meglio, e che probabilmente fra qualche giorno potrà riprendere servizio nel loro locale. Ho provato un grande piacere nel sentire quelle parole, così ho potuto anche cenare con una maggiore tranquillità. Nel tavolo vicino al mio due uomini, approssimativamente della mia stessa età, sembravano contenti pure loro, non so di che, però parlavano di cose leggere, senza impegno, e sembravano capaci di vedere l’aspetto divertente di qualsiasi argomento si stessero occupando. Li ho ascoltati per un attimo, e mi è parso di conoscerli da sempre, come mi fossi distaccato da quei loro modi forse da troppo tempo, ma senza averne dimenticato il senso più profondo. <<Buonasera signor Landi>>, ha detto infine uno dei due, voltandosi leggermente verso di me. <<Buonasera>>, gli ho risposto io, non ricordando affatto di aver mai conosciuto quel mio interlocutore.

            <<Sono il marito di Carla, l’amica di Elisabetta, ci siamo incrociati qualche volta dalle parti dell’agenzia, anche se nessuno ci ha mai presentato>>. Ho allungato con calma una mano, sopra al tavolino, e stringendola lui mi ha detto di chiamarsi Giorgio, e l’altro Renato. <<Stavamo parlando per combinazione proprio di questo nostro quartiere, e di come sia formato da gente che in fondo si conosce quasi tutta, o direttamente, oppure per vie traverse>>. Sorrido, annuisco, riconosco che è proprio in questo modo; così quei due mi invitano a spostarmi al loro tavolo, se mi fa piacere, <<tanto per non stare tutto solo>>, dice Giorgio, ed io accetto l’invito, trovando piacevole questo incontro. <<Ricordo ancora le vecchie botteghe sulla strada principale, quando ero piccolo ed andavo con la mamma a fare qualche compera>>, dice Renato, e in questo modo tiriamo fuori a turno piccole memorie e qualche aneddoto d’epoca curioso e particolare. <<Mi hanno detto che hai aperto tu quella grossa agenzia immobiliare all’incrocio tra via Cavour e via Mazzini>>, dice Giorgio a un tratto, con modi comunque più amichevoli che da impiccione. <<Si era verificata una combinazione fortuita>>, ho detto io senza alzare troppo la voce, <<ed allora ho pensato di svecchiare un po’ anche quella zona>>. Ridono, loro due, mentre continuano a mangiare verdure fritte con l’arrosto, e sembrano apprezzare in ogni caso la mia compagnia, forse anche considerando che conoscere una persona inserita nel settore immobiliare, può sempre tornar utile un giorno o l’altro.

            Giorgio, comunque, con un certo tatto, non tira fuori neanche di sfuggita l’argomento Elisabetta, e neppure le mie dimissioni dalla sua agenzia e tutto il resto, anche se di sicuro è perfettamente a conoscenza di ogni dettaglio. Non mi sento imbarazzato difatti, ed anzi rifletto che alla fine non è successo niente di particolare, almeno ai loro occhi, se non che mi sono trovato un’occupazione sicuramente migliore, un posto di lavoro assolutamente non rifiutabile, come chiunque probabilmente avrebbe fatto al posto mio, e questo mi pare senz’altro comprensibile. Loro mi spiegano che questa è la loro serata libera; <<Dalle mogli, naturalmente>>, precisa Renato, <<così quando andiamo via da qui ci infiliamo in un locale dove suonano del jazz; potresti venire con noi, se ne hai voglia>>. Li ringrazio, ed anche se non ho una vera alternativa, tiro fuori un impegno inventato che purtroppo mi impedisce di andare insieme a loro, anche se mi piacerebbe. <<Tu non sei sposato>>, chiede ancora Renato. <<Lo sono stato>>, spiego io, <<e so cosa significa prendere una boccata d’aria ogni tanto>>. Ridiamo, ci facciamo portare il conto, si paga alla cassa, poi usciamo tutt’e tre nell’aria fresca e piacevole della serata. Ci salutiamo, ed io mi sento bene, sollevato almeno da alcuni di quei problemi che forse ultimamente mi ero incaponito a rigirarmi nella testa.

Cammino da solo, adesso, lungo il marciapiede rischiarato dai lampioni, e credo sempre più che in fondo il mio dovere sia quello di proseguire lungo la strada che ho intrapreso, senza pormi troppe domande, senza lambiccarmi continuamente il cervello. I miei errori, se proprio ci sono, verranno fuori prima o dopo, penso; altrimenti svaniranno, lasciandomi tranquillo.

 

Bruno Magnolfi  

lunedì 7 novembre 2022

Condominio di estranei.


            Non posso lamentarmi. Sono stato messo in mezzo, senza riuscire ad esprimere la mia opinione. Però la colpa è mia, che non ho avuto la capacità di comprendere quello che stava davvero succedendo. Mi ritrovo adesso a svolgere un mestiere stimolante, a guadagnare più del doppio di quanto mi era concesso fino a poco tempo fa, e ad avere una giornata lavorativa senza orari fissi, come un vero dirigente. Ma devo anche ringraziare di tutto questo proprio chi non avrei mai voluto. Ed adesso non posso fare niente di diverso, se non andare avanti lungo questa strada che è stata predisposta e messa a punto proprio per me. Forse provo addirittura un senso di vergogna, almeno nei confronti di chi mi conosce, e naturalmente conosce la mia storia vera. Luciana è tornata a casa finalmente, però si sente ancora debole, ed avrà bisogno ovviamente di una lunga convalescenza. La sua brutta infezione le ha lasciato addirittura degli strascichi fastidiosi, e in ospedale le hanno dato delle cure molto forti. Ho potuto farle visita, ma non è stato neppure un bel momento. Lei appare molto cambiata, non ha ancora neanche molta voglia di parlare, e soprattutto di ritrovarsi davanti ad un semplice conoscente come me, con cui non ha neppure troppi argomenti in comune. Aspetterò pazientemente che migliori, mi sono detto poi, uscendo da casa sua, e magari in seguito ritroveremo quella sintonia che pareva preludere a qualcosa di sentimentale.

            Invece, non ho ancora avuto il coraggio di passare dalla birreria di Lorenzo. Mi aveva criticato per aver mollato l’agenzia immobiliare di Elisabetta, come se stessi cercando di mia iniziativa di fare una carriera nel settore, dimenticando e lasciandomi alle spalle chi mi aveva insegnato i veri rudimenti del mestiere. Adesso devo rivelargli la verità su tutto quanto, e poi sfogarmi, se possiamo ritenerci ancora amici, almeno con lui, nonostante non mi venga affatto facile. Se cercavo la distanza con le persone che conosco, ecco che me la sono costruita perfettamente, e tutta da solo, poco per volta, senza intravedere la maniera per ricostituire neppure qualche parvenza di intesa verso qualcuno. Fernando forse non tornerà più in agenzia per vedere come stanno andando gli affari ed anche il resto, però ha già previsto tutto, e mi ha assicurato che tra un anno, o anche meno, potrò iniziare a riscattare, con i miei possibili cospicui guadagni immobiliari, la parte di società che avrà trattenuto per sé fino a quel momento, in maniera da lasciarmi, in poco tempo, completamente da solo a gestire tutto quanto e a mettermi in tasca quei proventi dell’agenzia che comunque ha messo in piedi lui. Perciò dovrò essergliene grato per chissà quanto tempo ancora, anche se non ne avrei nessuna voglia.

            Mi sembra comunque di vivere soltanto delle contraddizioni, al punto di aver addirittura pensato, durante qualche intenso momento di poco tempo fa, che il miglior amico nei miei confronti si fosse dimostrato proprio Fernando, il fratello della mia ex-moglie, laddove lui, attraverso di me, stava semplicemente sistemando degli affari economici rimasti in sospeso nella sua famiglia. L’elemento positivo, in tutto questo, è che improvvisamente, e per certi versi, mi sento più libero di prima, capace, in orari differenti, di passeggiare per strada nel quartiere e di pensare, mentre me ne vado in giro, a tutto ciò che voglio. Già diverse volte mi è preso il desiderio di passare dall’ufficio di Elisabetta, sedermi magari davanti alla sua scrivania come un qualsiasi cliente, e chiederle con sincerità di lei, di come se la passi, dei suoi progetti, ed anche della sua piccola agenzia immobiliare di cui già provo qualche nostalgia; ma per il rispetto che devo assolutamente portare di fronte ai sentimenti di tutte le persone, ho dovuto evitare accuratamente fino adesso anche questo percorso. Comunque, i ragazzi che sono stati assunti per svolgere quasi interamente il lavoro nella mia azienda, sono tutti in gamba, e per ora stanno portando avanti in modo egregio i loro compiti, mentre la segretaria a mezza giornata che disbriga al mattino le mie pratiche, sembra proprio una giovinetta seria, anche se è alle prime armi con il mondo del lavoro, avendo appena completato gli studi.

            Mi sento sempre più un imprenditore, cosa che mai nella mia vita mi ero sognato di poter diventare un giorno, e forse per questo, sento di provare persino una certa vergogna, tanto da sentire sempre più forte il desiderio di cambiare abitazione, lasciare le tre stanze d’affitto rimaste a me dopo il divorzio da mia moglie, e mai sentite come una vera casa mia. Il motivo scatenante però sono proprio gli sguardi di tutti i miei vicini, che si sono sicuramente scambiati sottovoce le informazioni sui miei rapidi cambiamenti lavorativi, tanto da essere passati senz’altro a visionare la nuova agenzia immobiliare dove svolgo il dirigente, così come sono più che sicuro che qualcuno di loro abbia pensato di cominciare già a darmi del lei, aumentando la distanza verso di me e lasciandosi alle spalle quella familiarità che fino ad ora aveva contraddistinto quasi per intero il nostro condominio.

 

            Bruno Magnolfi