lunedì 25 dicembre 2023

Cancellazione delle apprensioni.


            Oggi si sono fatti grandi i miei figli, e oramai non ho più alcun bisogno di cercare di istradarli, semmai ho tentato di farlo, perché sono convinto che adesso sappiano già decidere perfettamente e in autonomia del proprio presente e anche del futuro che forse desiderano. Non ho neppure mai immaginato la loro esistenza fuori da questa casa, ma credo che in un modo o nell’altro, da ora in avanti, come alla loro età più o meno si è sempre fatto tutti, cercheranno giorno per giorno di scegliere per sé stessi le cose migliori e più a portata di mano, forse scendendo ogni volta purtroppo a compiere quegli inevitabili compromessi dai quali sembra che nessuno di noi possa sfuggire. Forse più avanti riusciranno ad essere più felici di quanto siano stati in questi anni di adolescenza, in famiglia con noi, trascorsi tra le preoccupazioni immancabili dei loro genitori e le incomprensioni quotidiane delle quali ci siamo costantemente trovati ad occupare. Non so bene in tutto questo quale fosse e quale sia stato il mio vero compito, ma ad essere sincero non mi sono mai troppo crucciato intorno ad un pensiero del genere, cercando piuttosto una calma e neutra indifferenza che fosse capace così di dare spazio e respiro anche alle loro idee. Mia moglie potrebbe persino sostenere adesso che mi sono disinteressato di loro per dei lunghi periodi, ma forse questo non sarebbe poi del tutto vero. Li ho osservati, certe volte, ed il loro comportamento quasi sempre mi è parso equilibrato, attento ai particolari, indubbiamente in grado di tenere testa ad ogni più piccolo problema quotidiano.

             Così spesso mi sono sentito tranquillo, ed ho lasciato che tutto prendesse un proprio corso, senza cercare di influenzare troppo le cose. Sono i miei figli, ho pensato certe volte, e proprio per questo non c’è alcuna necessità di provare a cambiare il loro carattere, perché sono convinto che dentro sé stessi abbiano sempre saputo già fin dall’inizio le scelte migliori da fare. Celeste purtroppo certe cose non le comprende; secondo lei tutto è sempre da modificare, da suggerire, da insinuare, così che tutto quanto a suo parere necessita continuamente di sottili interventi esterni, come una strada da percorrere individuata grossolanamente sopra una cartina con scarsi dettagli, e che deve essere via via aggiornata nella realtà. Secondo me la verità è che ci si deve fidare degli altri, e lasciare che tutto assuma un percorso proprio, anche se questo non è troppo affine alle nostre aspettative. L’educazione dei figli per lei è come una regola da tenere, e per me al contrario è qualcosa che i figli imparano dal comportamento dei loro genitori, senza alcuno sforzo particolare, da nessuna parte. Poi ci sono gli sbagli, nei quali indubbiamente tutti possiamo incappare, ed è nella loro correzione, attuata in completa autonomia che, secondo me, sta la vera crescita di qualunque ragazzo.

            Spesso avrei voglia di sbuffare o anche di lamentarmi quando sento certe discussioni o anche delle polemiche che si accendono con niente nella nostra casa. Ci vuole tolleranza, rifletto in silenzio, piuttosto che andare avanti a testa bassa come un qualsiasi animale inferocito. Non che mia moglie sia una persona capace di tenere il pugno duro, tutt’altro. Secondo lei è l’amore ed il senso di unione tra i componenti di una famiglia che porta ai migliori risultati, e la trasparenza su ogni cosa che viene decisa da ciascun individuo ne è la migliore caratteristica. <<Come stanno Marco e Federico in questo periodo?>>, le chiedo a volte per comprendere qualcosa di più sulle nostre dinamiche familiari. E Celeste ecco che comincia a spiegare che il maggiore potrebbe fare una certa cosa, ed il minore quell’altra, che sarebbe meglio se noi ci facessimo vedere in un certo modo, piuttosto che in un altro, e così via. Mi annoio immediatamente di questa maniera di riflettere le cose, e credo che ragionamenti siffatti non portino mai a dei risultati tangibili, anche se non oppongo alcun disaccordo, lasciando che lei prosegua a credere che in questa maniera si possa davvero migliorare la situazione.

            In certi casi mi sono messo ad ascoltare gli argomenti che tutti davanti al tavolo sono stati capaci di tirare fuori, in alcune sere durante la nostra cena familiare, e devo dire che alla fine ho sempre trovato naturale e accettabile il comportamento ed il discorrere di ognuno, anche se potrei essere stato in disaccordo su una cosa oppure sull’altra. Ma rimango della stessa opinione di sempre: lasciar fare ai figli ciò che credono meglio per loro stessi, senza né spingerli e nemmeno ostacolarli. Piuttosto che pensare troppo a loro, o preoccuparsi del loro avvenire, credo che in questo momento, all’interno di questa casa, io e mia moglie si debba il più possibile pensare a noi stessi, alla nostra salute, al nostro spirito, che può compromettere anche troppo facilmente tutta la serenità. Siamo giunti all’età in cui dobbiamo trovare tra noi un confronto migliore, mi pare, e poi stare tranquilli, senza problemi, cancellando il più possibile ogni eventuale preoccupazione.

 

            Bruno Magnolfi

giovedì 21 dicembre 2023

Dentro alcune preoccupazioni.


Non mi sembra una brutta cosa, penso io, tirare fuori almeno in certi casi la propria personalità e mostrare a tutti a cosa si aspira, ed anche ciò che magari ci disturba, proprio così come sta facendo Federico. Lui in questo momento la sta aspettando in un caffè di una strada piuttosto frequentata, dopo che si sono dati quell’appuntamento già stamani all’uscita dal liceo; perciò, si è seduto ad un tavolino, ed ora sta semplicemente giocando con il posacenere, quando Cristina improvvisamente arriva, bella e radiosa, accesa nello sguardo e sorridente come sempre. <<Ti ho preceduta>>, fa lui, <<perché volevo vedere esattamente la tua espressione mentre varcavi la soglia del locale>>. Lei sorride, dice ciao, poi si siede. Tra poco andremo insieme a vedere questa casa di studenti, quella dove lui si è trasferito, penso io, e forse ne trarrò con facilità una brutta opinione, o magari no, visto che mi sembra improvvisamente tutto così diverso da quando Federico mi ha confidato molte cose su di sé e sulla sua famiglia. <<Sono curiosa>>, dice lei adesso sorridendo; <<vorrei però che tutto fosse esattamente come me lo immagino, e quindi è certo che proverò quasi senz’altro qualche piccola delusione>>. Lui ordina al cameriere due bibite, poi dice: <<non ne vedo il motivo, considerato che in questa nuova casa non intendo stare molto, mi tratterrò soltanto per il tempo che mi serve>>. Ma certo, penso io, è proprio questa la parte che mi piace di più della faccenda: mostrare alla sua famiglia il proprio carattere, la sua personalità, e l’essere capace anche di prendere decisioni controcorrente. <<Pensi proprio che in questo modo tuo fratello capisca la lezione?>>, dice lei in fretta, ma Federico la guarda, e qualche dubbio probabilmente ce l'ha dentro la testa, e in ogni caso lascia comprendere che per lui è lecito tentare. <<Penso di sì>>, dice alla fine. <<In fondo gli mostro un coraggio che lui non ha mai avuto, neppure con le parole>>. Poi si alzano ed escono svelti da là dentro.

Io e Federico non stiamo propriamente insieme, penso io, anche se ormai ci confidiamo tutto come fidanzati, l’uno all’altra. Sono sicura che questa decisione di andarsene da casa lui l'avrebbe compiuta anche senza il mio sostegno, così come è stato capace di trovarsi un lavoro almeno per le serate dei fine settimana; in ogni caso non mi dispiace dirgli di continuo quello che effettivamente penso, senza mai tirarmi indietro: è la mia maniera per stargli vicino in un momento sicuramente non troppo facile, e Federico sono sicura che lo sa apprezzare. Non ci vuole molto, e dopo una breve passeggiata sono lì, davanti ad uno scalcinato e brutto portone condominiale, pronti a salire fino su, a quell’ultimo piano. <<L’ingresso e le rampe della scala non danno proprio una buona impressione>>, fa Federico intimidito, ed io penso intanto come in effetti abbia proprio ragione. Poi entriamo nell’appartamento, e in questo momento c’è soltanto un ragazzo tra coloro che abitano qui. Poi Federico mi fa vedere la sua stanza, che comunque divide con un altro, ed è un po' da riordinare, penso subito io, però è anche accogliente, piena di oggetti quasi in ogni angolo. Così dico ad alta voce esattamente ciò che ho pensato d’impatto, e Federico sorride, sicuramente è d’accordo, penso io; perciò, facciamo brevemente il giro dell’appartamento e poi si decide subito di andarcene, considerato che questo non è certo il luogo giusto dove stare adesso.

Usciamo, in silenzio, e fuori è quasi buio, così cerco qualche parola da dire a Federico sotto ai lampioni della strada, ma non ne trovo, così penso, anche se la casa non mi è piaciuta troppo, che resta però l’importanza del passo che ha fatto lui rompendo le abitudini della sua famiglia. Credo comunque che Federico abbia compreso perfettamente quello che penso, e credo anche che in qualche maniera sia rimasto perfino lusingato dai miei comportamenti. Se Federico mi chiedesse di metter su con lui un rapporto un po’ più stretto, credo gli direi di no, penso adesso io, ma sono convinta che neanche a lui andrebbe bene qualcosa di diverso dalla maniera come ci stiamo comportando. Loro due fanno un giro in centro senza meta, e tanto per alleggerire la giornata si scambiano delle battute spiritose, senza impegno; eppure, penso io, non ci sarebbe neanche bisogno di parlare in certi momenti, visto che le nostre riflessioni silenziose sembrano quasi comunicanti per conto proprio. Incontrano qualche ragazzo della scuola, si fermano, dicono anche a loro qualche sciocchezza, si salutano, riprendono semplicemente ognuno per la propria strada, e Cristina si sente bene, tranquilla, perfettamente a posto. Non so, forse vorrei conoscere Marco, il fratello di Federico, soltanto per comprendere un po' meglio i comportamenti tra di loro, io che sono figlia unica. Però non devo assolutamente chiedere niente, penso ancora io: non voglio in nessun modo essere entrante, curiosa, ficcanaso; devo rimanere sempre ad una certa distanza dai problemi di Federico, penso alla fine; anche se qualche volta le provo persino dentro di me le sue preoccupazioni.

 

Bruno Magnolfi

martedì 12 dicembre 2023

Bomba innescata.


Ogni mia buona intenzione oramai appare inutile. I miei figli tra loro non si rivolgono quasi più la parola, e mio marito non parla né con i suoi figli né con me. Per tanto tempo io ho cercato di vedere con ottimismo quel poco che era possibile salvare di questa famiglia, e mi sono sempre spesa al massimo nel sostenere questa mia idea, ma adesso mi sento stanca, provata, quasi impossibilitata a mettere in atto altri argomenti o ulteriori tentativi per cercare di costituire il possibile collante che ci mantenga ancora uniti, solidali, compatti, proprio come dovrebbe essere un nucleo come il nostro, racchiuso ogni giorno tra le mura di questa casa. Proseguo a fare le solite cose di sempre, ma appaiono quasi insignificanti i miei sforzi, come se tutto avesse preso infine una direzione definita e immodificabile. Esco ed incontro la signora Marcella, la nostra vicina di casa, e lei mi guarda come se avesse compreso già tutto quello che sta avvenendo poco per volta nel chiuso del nostro appartamento. Si limita a farmi un sorriso compassionevole, e a me vengono le lacrime agli occhi specchiandomi in quel suo sguardo che non pone più neppure delle domande. Mi prende una mano, mi dice forse qualcosa che vuol essere rassicurante, ma io mi sento a terra, e non riesco neanche a reagire. Non capisco dove abbia sbagliato, se mai ho sbagliato qualcosa, e in ogni caso mi è proprio impossibile adesso far finta di niente.

<<Signora Celeste>>, mi dice alla fine Marcella rompendo ogni indugio; <<ma che cosa c’è che non va più bene, che cosa succede in questa sua famiglia, che fino a poco fa era impossibile persino da immaginare, tanto sembrava perfetta e soprattutto equilibrata?>>. La guardo ancora senza trovare dentro di me le parole più adatte per spiegarle il mio affanno, il mio sentirmi purtroppo vinta, poi le dico soltanto: <<Non lo so, però si è rotto qualcosa, ed io adesso sento di aver fallito, di non essere riuscita in tutti questi anni a mettere insieme le nostre differenti personalità>>. Poi ci guardiamo attorno, come a voler evitare di dare un piccolo spettacolo con le nostre confidenze, ma io mi appendo alla comprensione di questa donna come se fosse l’unica strada che ho per riuscire ad essere ancora sincera. <<Non demorda, signora Celeste, non lasci che l’apatia prenda il sopravvento, e che tutto divenga solo un gioco crudele senza alcuno scopo>>.

Mi guardo attorno, adesso sorrido, <<va bene>>, le dico, <<devo reagire, non si preoccupi per me, è solo un momento di scoraggiamento quello che sto attraversando, ma passerà, vedrà, tra poco tutto andrà a posto, e le cose saranno di nuovo accettabili. Devo andare, adesso, mi scusi, però la ringrazio>>, dico confusa allontanandomi. Marcella mi guarda ancora mentre mi volto, ed io riprendo a camminare, ricomincio ad andare incontro alle mie faccende, come sempre, mentre ingoio un singhiozzo e faccio subito finta di niente, perché niente è accaduto, soltanto sciocchezze, cose del tutto insignificanti, che non hanno valore. Devo concentrarmi sulle attività più terrene, cosa preparare per cena, le bollette ancora da pagare, passare di farmacia per le piccole di Achille che stanno quasi per terminare. E poi devo ricordarmi di chiedere a Marco che cosa sia successo tra lui e suo fratello, e per quale motivo, visto che lui è il maggiore di età, non riesca ad essere più indulgente verso Federico, che forse ancora deve comprendere alcune cose. Poi mi fermo al solito supermercato di quartiere, ma le persone che sono all’interno sembra che mi guardino con un certo sospetto, come sapessero perfettamente delle preoccupazioni che mi stanno attraversando la testa. Fingo una certa indifferenza, anche se mi sento addosso gli sguardi da parte di tutti, e coloro che non mi stanno osservando probabilmente hanno soltanto un moto di pena per me.

Pago rapidamente i miei pochi acquisti, e poi fuggo a passo svelto verso il rifugio di casa, salgo le scale quasi di corsa, chiudo la porta alle mie spalle, e quindi tiro un sospiro per il sollievo che provo. Appoggio le buste con i pochi acquisti sul tavolo della cucina, faccio un cenno ed un saluto ad Achille che non mi sta neppure guardando, e poi entro in camera mia, giusto per togliermi di dosso il soprabito, anche se dentro l’armadio so perfettamente che c’è la solita bottiglia che aspetta soltanto di essere aperta per darmi almeno un po’ di quello sciocco coraggio che adesso mi serve. Dovrò andare da qualcuno, rifletto, e confessare tutto quello che mi sta succedendo, senza omettere niente, neanche il fatto che oramai mi sento quasi una mezza alcolizzata, e che avrò bisogno di un vero supporto psicologico per sentirmi in grado di uscire da questa specie di incubo. Poi metto a posto le cose, con calma, sistemo una pentola sopra al tavolo ed inizio a preoccuparmi del pranzo. Presto smetterò di essere così solerte, e probabilmente mi lascerò andare senza interessarmi ancora di tutti i miei compiti, e sarà allora che scoppierà davvero la bomba.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 6 dicembre 2023

Automatismi.

   

            <<Pronto; sì, sono io>>, dico al telefono frettolosamente, colto alla sprovvista come mi sento, da quella voce gracchiante del mio capoufficio che mai avrei pensato potesse chiamarmi a casa, mentre ancora sono coperto da un certificato medico che attesta la mia impossibilità, almeno momentanea, nel recarmi al lavoro. <<Come stai, Achille?>>, mi fa quasi ridendo, meravigliandomi per essersi ricordato addirittura il mio nome di battesimo, in un ambiente dove generalmente gli impiegati si chiamano tutti quanti tra loro solamente per cognome. <<Signor Mari>>, rispondo io, ancora impacciato. <<Ma che sorpresa>>, gli dico. <<Inizio a stare abbastanza bene, ad essere sincero. Tanto che contavo di tornare in ufficio. La prossima settimana, forse>>. Intanto avverto una certa confusione intorno a chi mi sta parlando, anche qualche risata lontana, come se il capufficio fosse interrotto da qualcuno vicino a lui che intanto gli sta parlando forse di qualcos’altro. <<Bene>>, fa subito il signor Mari. <<Qua stiamo un po’ in difficoltà con gli inserimenti dei dati nel sistema, ma avanti di assumere un nuovo impiegato, si voleva conoscere i tuoi tempi, in modo da evitare di rimpiazzare il tuo posto di lavoro>>. Resto folgorato da queste parole schiette e tremende. Non pensavo si potesse giungere così in fretta ad un gesto del genere. Quasi fossi un assenteista. Oppure uno che in passato abbia mai ecceduto nei certificati medici. <<No>>, fo io, forse già balbettando. <<Sto per rientrare al lavoro. Non si preoccupi. Questione di pochi giorni. Tutto tornerà al proprio posto. Presto, senza alcun problema, stia certo>>. Avverto una nuova pausa, come se all’apparecchio nessuno mi avesse del tutto ascoltato. <<Bene, Achille; allora ti aspettiamo: in gamba, mi raccomando, perché qui c’è anche del lavoro arretrato da sbrigare e da sistemare>>. E poi non faccio neppure in tempo a formulare un saluto, che il signor Mari ha già riagganciato.

            C’è stato un tempo, oramai molti anni fa, in cui i rapporti di lavoro tra tutti i collaboratori di quegli uffici apparivano diversi, ed ogni impiegato si sentiva tranquillo, quasi protetto in qualche modo dai propri colleghi e superiori. E poi si scambiavano favori, e tutto scorreva quasi d’incanto, senza mai alcun problema. Poi le cose sono cambiate, ed ognuno si è ritrovato da solo dietro al proprio schermo dell’elaboratore, senza più amici e colleghi a sostenerlo, ma unicamente circondato da certe vipere pronte a parlar male degli altri pur di ottenere la simpatia di qualcuno che conta. Mia moglie adesso, che mi aveva passato la telefonata pochi minuti fa, mi guarda spaurita, come se avesse perfettamente compreso il traballare della mia posizione lavorativa. <<Devi rientrare>>, mi fa tenendo una mano dentro l’altra, con un’espressione quasi attonita; <<stai meglio, indubbiamente, questo periodo di riposo ti ha senz’altro giovato. Allungare ancora i tempi sarebbe probabilmente una noia anche per te>>. La guardo per un momento, poi torno a sedermi, dopo aver parlato al telefono restando in piedi. <<Ma certo>>, le dico. <<Qua mi sto semplicemente annoiando>>. Dalla cucina giunge intanto un lieve odore di verdure bollite, e Celeste, ricordandosi di avere qualcosa sul fuoco, si affretta a tornare nell’altra stanza, per la preparazione del nostro pranzo.

Nel periodo in cui frequentavo una mia collega, e mi vedevo con lei di nascosto in genere per un paio di volte di ogni settimana, qualcuno molto curioso nei nostri uffici si era senza dubbio accorto della nostra relazione, e sembrava però quasi invidiare la mia disinvoltura, tanto che forse già sono nati proprio in quel momento i primi comportamenti avversi alla mia condotta. Me ne ero fregato, a quell’epoca, ed avevo tirato avanti così come mi pareva meglio, senza preoccuparmi, però sicuramente più di un impiegato deve aver immaginato che prima o dopo si sarebbe verificata per me una specie di resa dei conti. Non mi lamento adesso, quello che ogni giorno porto avanti non è nient’altro che il mio lavoro, e non c’è dubbio che devo proseguire a dedicarmi a questa attività senza mai guardarmi dietro. Non ho fatto mai alcuna carriera, sono rimasto una pedina qualsiasi come molti insieme a me, ma non è possibile nelle mie condizioni far altro che accettare quello che ho, ed abbassare la testa nei confronti anche di un qualsiasi capoufficio che magari si diverte alle mie spalle mettendomi paura. Tornerò al lavoro, e le cose riprenderanno il loro andamento di sempre, ho pensato mentre stavo scambiando un lungo sguardo con Celeste. Lei ha sorriso, forse sperando così di incoraggiarmi, ma avrei preferito non avesse avuto in questo momento alcuna espressione.

Poi ci siamo messi a tavola, tanto i nostri figli spesso tornano più tardi, in certi giorni restano persino fuori a pranzo, e così passiamo una mezz’ora io e Celeste uno di fronte all’altra, quasi senza dirsi una parola, con gli occhi sulle stoviglie, anche se lei immagino non parli con me soltanto per evitare di dare disturbo ai miei pensieri. Così io a volte le chiedo: <<Come va?>>, tanto per sentire di nuovo la sua voce, per scuoterla dal torpore in cui sembra caduta; ma lei risponde subito: <<Benissimo>>, anche se forse lo dice soltanto per una forma di ordinario automatismo.

 

Bruno Magnolfi