In certi giorni mi
fermo ad osservare, naturalmente senza essere visto, la signora Marisa. Abito
nella casa di fianco alla sua, e come tutti coloro che hanno l’abitazione qua
attorno, ho un giardino da curare e dove trascorrere un po’ del mio tempo,
specialmente quando la stagione è buona e si sta bene fuori ad occuparci delle
piante e dei fiori. Lei, quando certe volte la incontro sul marciapiede che
costeggia la strada, mi saluta come sempre ha fatto, anche quando era ancora in
vita suo marito, senza mutare l’espressione del viso, soltanto marcando bene e in
modo netto la parola che pronuncia per ossequiarmi. Non si è mai fermata con me
a parlare di qualcosa, salvo i rari casi in cui se ne è presentata una
effettiva necessità, neppure quando ci siamo ritrovati uno accanto all’altra
presso la staccionata che divide i nostri rispettivi giardini.
Inizialmente la
temevo, credevo fosse una persona estremamente burbera, scostante, capace di
montare su tutte le furie per delle semplici sciocchezze. In seguito mi sono
reso conto anche osservando i suoi gesti, che non è assolutamente così, e che
forse lei con i suoi modi forti cerca soltanto di tenere a bada o di nascondere
una timidezza ed una paura mai superata verso tutti gli altri. Per questo mi
piace, perché da quando mi sono reso conto del suo carattere effettivo, ho
capito che è come siamo quasi tutti: una persona sola, arroccata in se stessa, con
la fortuna di avere ancora una figlia grande che abita con lei, ma con la quale
non sembra neppure andare molto d’accordo.
Così qualche volta mi
fermo di nuovo a guardarla e contemporaneamente a cercare il coraggio, che per
adesso non ho mai trovato, per dirle con naturalezza che vorrei essere un suo
amico, piuttosto che un qualsiasi vicino di casa. Non ci sarebbe niente di male
penso, nella mia richiesta. A me basterebbe che la signora Marisa venisse da me
qualche volta a prendere un caffè, visitare i nostri rispettivi giardini, o
durante qualche mattinata più grigia ritrovarsi per parlare delle nostre vite
solitarie, e scambiarsi qualche sensazione, alleggerire in modo semplice i
nostri rispettivi pesi da portare, con l’uso sempre efficace delle parole, che
riescono talvolta anche ad alleviare il cuore di tutti. Con lei mi piacerebbe girare qualche volta
attraverso la nostra cittadina, farci vedere a passeggio, ed infilarci magari in
un locale per passare un’ora ad un tavolino, bevendo qualcosa e mostrando a
tutti l’aria rilassata di due vecchi conoscenti.
Non ci vedrei niente
di strano in tutto questo, in fondo è sempre possibile per persone come siamo
noi, che hanno raggiunto ormai l’età per essere giudicati degli anziani,
sentirsi un po’ solidali, uniti, ed affrontare le amarezze quotidiane con il
massimo possibile di leggerezza, o almeno senza la gravità costante della
solitudine. Così la guardo, e a volte quando al mattino mi sveglio mi sembra di
aver sognato di lei, di averla avuta
qui, insieme a me, e già soltanto questo mi fa sentire meglio, più rilassato.
Forse succede anche a lei la medesima cosa, io non lo so, però so per certo che
devo farmi avanti uno di questi giorni, e dirle qualcosa di diverso dal solito
saluto generico che adoperiamo da sempre tra noi due. In fondo basterebbe
trovare la parola giusta, quella che facilmente sa aprire le porte delle
persone, ed in questo modo spiegarle magari con un semplice cenno aggiuntivo ed
un’espressione sincera e sorridente, che le cose per noi due possono cambiare con
rapidità, ed essere migliori di come sembriamo; basterebbe volerlo, credo.
Bruno Magnolfi
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