Mi sento completamente
demoralizzato. Così mi infilo in questo caffè-libreria dove ho saputo che oggi presentano una raccolta poetica, ed un tizio senza
microfono dice a cinque persone che ha di fronte, che lui ha capito tutto, e che qualcosa dovrà pur succedere.
Mi siedo ed ascolto distratto degli elogi e molti complimenti da parte
di ognuno per tutti gli altri, poi mi sposto al
bancone del bar dove mi faccio versare un bicchierino tanto per rimettermi in
po'. “Una vera bomba innescata”, sento dire alle mie spalle da qualcuno che
sicuramente se ne intende di certi argomenti, mentre intanto esco da lì
senza avere nessuna idea di cos'altro fare. Sulla
porta però incontro una donna che conosco di vista, e così la saluto, mentre
fingo di essere arrivato anche io in quel momento. "Ho fatto tardi",
fa lei, ed entra dentro con un grande sorriso,
mentre le tengo la porta vetrata. "Ci sono ancora dei posti liberi",
dico io quasi per ironia, e visto che non ho niente da fare l'accompagno nella
saletta dove parlano adesso di grande letteratura.
Ci sediamo vicini, e lei dice che in seguito vuole acquistare dei libri di narrativa, per cui avrà bisogno da me di qualche mio personale parere. Mi
metto buono ad ascoltare qualcosa, e fortunatamente tutto si sbriga abbastanza
velocemente, risolvendosi al momento in cui questo poeta che ha parlato fino
adesso, firma le copie del volume che ha presentato, ed infine tutto il gruppo si scioglie. "Anche io scrivo qualche
poesia", fa lei sottovoce mentre scorriamo qualche scaffale, ed io
naturalmente mostro stupore. "Ci vuole sensibilità", le dico subito,
"e poi molta attenzione ad ogni
dettaglio". Lei sorride, prende in mano un volume qualsiasi da un ripiano
e mi chiede una mia opinione. Improvviso una critica velata su un autore che naturalmente
non ho mai letto, e lei mi ascolta e forse finge di credermi. Alla fine sceglie
due libri e ci avviamo alla cassa.
Quando usciamo da lì, lei dice subito che deve andarsene
non so dove, così mi pianta sul marciapiede da solo, ed il mio sconforto naturalmente
si fa ancora più pesante di prima. Così rientro nella libreria, vado
dall’autore della raccolta poetica, impegnato adesso a rimettere a posto le sue molte cose, e gli faccio qualche
domanda abbastanza generica, mentre prendo alcuni appunti su uno dei miei
taccuini, spiegando che forse farò un articolo su di lui. Perciò parliamo
abbondantemente, e poi mi lascio pagare da lui un bicchierino al bancone del
bar. In sostanza il poeta dice le solite cose che conoscono tutti,
sull’editoria marcia, sull’inutilità di scrivere, sull’angoscia che prende
quando nessuno si accorge di te, nonostante tu abbia inviato in giro
tutti i segnali possibili. Butto giù un sorso di
grappa scadente, ed annuisco con grande naturalezza. Infine mi regala il suo
libro autografato, ed io lo ringrazio di tutto,
poi alla fine lo saluto.
Quando esco ritrovo la tizia di prima, e subito lei dice con
entusiasmo che mi stava appunto cercando. Mi fa gli
elogi per aver acquistato quella raccolta poetica che ho ancora in mano, e poi
spiega che possiamo tranquillamente andarcene a casa sua a parlare, che tanto non rimane
molto distante da dove ci troviamo. Accetto, in fondo ho la giornata
praticamente libera, e così mi metto a raccontarle della finta intervista che
ho fatto all’autore, delle risposte che lui ha dato, ed anche di altre
sciocchezze del genere. “Benissimo”, fa lei; “così adesso potrai spiegarmi
qualcosa di quelle frasi così difficili, da cui non so mai tirarci fuori un bel niente".
Naturalmente il fatto che io abbia già
pubblicato diversi libri di racconti lo continuo
a tenere assolutamente nascosto, sia a lei che a tutti
gli altri; perché poi, tutto sommato, è parecchio
meglio così.
Bruno Magnolfi
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