giovedì 25 marzo 2021

Argomenti futili.


            Oggi, naturalmente con tutta la circospezione che ci vuole in questi casi, ho accostato l’orecchio a quel benedetto portoncino interno, perfettamente simmetrico al mio rispetto al pianerottolo, dell’appartamento dove abita il mio vicino di casa, al piano rialzato di questa palazzina condominiale lungo una strada silenziosa, piuttosto fuori mano, ma caratterizzata da tanti piccoli giardinetti recintati, sia di fronte alla via, che dietro alle case di due o tre piani ben allineate tra di loro, dipinte esternamente con diversi colori chiari, e le persiane invece verniciate  tutte di verde. Sono già un paio di giorni che non avverto alcun movimento nelle sue stanze, in considerazione del fatto che abbiamo anche una parete praticamente in comune, e persino scrutando ad orari diversi il retro delle nostre abitazioni gemelle, non sono riuscito mai a vederne nemmeno la sagoma. Silenzio, anche in questo preciso momento, come se lui fosse partito per chissà dove, senza neanche avvertire. Così sono rientrato in casa mia, ma dopo poco, mosso da una forte apprensione per quello che eventualmente possa essergli accaduto, mi sono presentato di nuovo sopra al pianerottolo per bussare leggermente con la mano su quel legno lucido di colore scuro, sotto alla targhetta plastificata che riporta a stampatello il nome appuntato e il suo cognome.

            Nessuna risposta, così sono tornato dentro alle mie stanze lasciando la mente girare attorno a diverse congetture, tutte poco verosimili. Qualcosa di strano sta accadendo, ho riflettuto: un improvviso malore che lo ha portato a presentarsi personalmente ad un pronto soccorso, ad esempio; oppure qualche parente che lo ha richiamato a sé per qualche importante ragione; o ancora il bisogno improvviso ed irrinunciabile di allontanarsi immediatamente da tutto, salvo tornare indietro tra qualche giorno, forse tra una settimana, rinfrancato e magari più soddisfatto di sé. No, non erano queste le ragioni per cui il mio vicino adesso era assente, semplicemente perché lui di una cosa del genere mi avrebbe puntualmente informato, come fa sempre, anche fin troppo. Avrebbe detto il mio nome avvicinandosi alla recinzione divisoria dei nostri giardinetti, ma senza gridare troppo, con le sue maniere calme e pacate, e poi mi avrebbe spiegato tutto quanto, ne ero più che certo, perché sarebbe stato questo il suo stile, il suo modo normale di comportarsi.

   Ho girato dentro casa mia senza riuscire a decidere di fare qualcosa che alleggerisse i miei pensieri. La mia giornata sembra quasi risucchiata interamente da questa piccola preoccupazione, ho riflettuto, non lasciandomi la possibilità di fare altro. Così ho preso un piccolo foglietto di carta su cui scrivere un messaggio da attaccare alla sua porta, ma mi è subito venuto da ridere, soprattutto perché non è il caso che lui si senta troppo controllato con le mie attenzioni. Perciò ho lasciato perdere tutto quanto, ho indossato la giacca rimasta appesa all’attaccapanni e poi sono uscito, quasi a dimostrare la mia indipendenza, sia nei suoi confronti, che di tutte le sue strane faccende. Ho girato per qualche strada del quartiere senza darmi neanche una meta precisa, e non ho incontrato neppure una persona con cui poter scambiare qualche parola, così alla fine sono tornato verso casa. Ho rallentato gli ultimi passi, quasi per dare un po’ di tempo in più al mio vicino di casa per farsi vedere come sempre, ma poi, dopo qualche sguardo lanciato attorno, ho girato la chiave nel portone e sono tornato a sedermi come sempre sopra al mio divano. Ho acceso la televisione, subito di nuovo spenta, ho preso un giornale per leggere, poi un libro, infine sono tornato ad osservare dai vetri il giardino dietro casa mia, ed è stato in questo preciso momento che ho avvertito dei rumori provenire proprio da quella zona. Lui era là, esattamente in giardino, che girellava adesso sul vialetto come se niente fosse, tra le rose fiorite e le altre sue stupide piantine, mostrando, con chiaro distacco da tutto, che non si era mai neppure sognato di muoversi dalla sua abitazione. Ho pensato subito di chiamarlo, di chiedergli qualcosa in più, e dimostrargli anche le mie ormai superate preoccupazioni, ma poi sono tornato con indignazione a sedermi sul divano del salotto: cosa mi interessa di ciò che fa oppure non fa questo mio vicino di casa, ho riflettuto; basta non venga di nuovo da me per imbastire qualche nuovo argomento di conversazione, e ad annoiarmi.

 

            Bruno Magnolfi  

Nessun commento:

Posta un commento