Diario. 4° giorno. Quello che accade in questo paese non
mi lascia per nulla indifferente. Immagino spesso corposi gruppi di persone
riunirsi a sera in scantinati, oppure dentro vecchie sedi bancarie dismesse, o magari
in qualche palazzo, adesso chiuso, un tempo luogo di lavoro per impiegati
dell’amministrazione pubblica, a discutere animatamente con poca luce per
decidere il da farsi. E noi che intanto giriamo avanti e indietro come un
gruppo qualsiasi di turisti annoiati, all'interno di una nazione in fiamme,
dove forse stanno rapidamente saltando già tutte le regole. Lina e mio marito
sembrano del tutto insensibili a quanto va accadendo con i gilet gialli a
Parigi e in tutta quanta la Francia, mentre Antonio per fortuna almeno ogni
tanto pare interessarsi di più al problema, ma forse soltanto per solidarietà
nei miei confronti. In ogni caso sto provando, per quanto sta succedendo, un
senso di disagio generale, e sapere che Toni è maggiormente sensibile a questa
faccenda, in qualche modo mi rasserena. Andiamo avanti col nostro programma,
girando in lungo e in largo con il camper sia la Bretagna che la Normandia,
quasi a caccia di un tesoro ben nascosto su qualche spiaggia deserta spazzata
dal freddo vento invernale, mentre ognuno di noi sembra rinchiudersi
drammaticamente sempre più dentro se stesso.
Quello che doveva essere il luogo dove perdere del tutto
la cognizione di quelle giornate ordinarie mandate avanti a casa nostra nella
più grande monotonia, si sta rivelando l’epicentro delle lotte di un popolo
ribelle, impegnato nel tentativo di ottenere dal governo almeno qualche
beneficio, ed il disinteresse attuale che vige in questo camper per tutte quelle istanze, è solo un evidente esempio dell’estremo egoismo con cui
vengono affrontati a volte certi temi. Persino mio marito appare avulso da ogni
recriminazione sociale che avviene proprio qua vicino, ed è già molto se mi
ascolta distrattamente quando gli traduco gli articoli che vengono scritti
sopra ai maggiori quotidiani parigini. Sembra
quasi che i nostri immediati interessi di gitanti, siano assolutamente
superiori a qualsiasi altro problema, tanto che mi pare già di sentir sbuffare
qualcuno mentre cerco di tenere informati tutti gli altri su quanto va accadendo. Ho notato già che Lina e mio marito
ogni tanto si gettano uno sguardo, forse proprio per un’intesa di disinteresse
attorno ai gilet gialli ed ai problemi che quelli stanno portando in piazza.
Fare i turisti per forza a me pare una grossa stupidaggine, ma forse non riesco
a comunicare adeguatamente questo concetto.
Oggi abbiamo percorso diversi chilometri, giungendo dalle
parti di Le Havre, ed anche se la giornata era piovosa, i luoghi costieri da
cui siamo transitati sono apparsi subito meravigliosi e ricchi di storia. Mi
piace essere qui, per nessun motivo vorrei giungere al punto di dispiacermi di
una vacanza di questo genere; però questa distanza che in qualche modo si sta
manifestando tra di noi, mi porta ad intristirmi, quasi ad isolarmi a mia volta
dagli altri tre, forse nella ricerca di far volare alte le mie riflessioni,
senz’altro al di sopra delle usuali cose sciocche che ci troviamo ogni tanto a
scambiarci dentro questo camper. Non vorrei naufragare nelle stupidaggini: da
questo viaggio, al contrario, vorrei scoprire cose nuove, svelare delle
curiosità nascoste, magari modi diversi di relazionarmi io stessa con le
persone che stanno accanto a me. Ciò che maggiormente mi dispiacerebbe è
lo scoprire per assurdo che la vicinanza fisica riesce ad allontanare tra di
noi le nostre menti e i nostri desideri. Non so come poter introdurre in questo
camper degli stimoli che siano capaci di smuovere questi argomenti nelle
coscienze dei miei compagni di viaggio; però so che non posso isolarmi e
rimanere ad osservare tutto quanto senza dire a voce alta la mia opinione.
Poi
ci fermiamo per la notte. Prepariamo qualcosa da mangiare, si cerca di essere
svelti, logici, razionali, di dedicarci ognuno a qualcosa che comunque possa
servire a tutti, ma sono cose usuali, comportamenti ordinari, quasi istintivi,
nulla di più. Si parla a monosillabi, si sorride di sciocchezze, ma si coltiva
quasi inconsapevolmente una tensione sotterranea, dei risentimenti sordi che
forse non sapevamo neanche di avere e di poter elaborare così dentro noi
stessi. Forse cerchiamo soltanto di nasconderci dietro questi piccoli gesti,
dietro certi deboli accenni a ciò che intendiamo manifestare, ma poi di fatto
maturiamo qualche risentimento sempre vivo dentro la testa, qualcosa di
latente, di difficile da dominare. A me non piace affatto quanto va accadendo,
rifletto adesso con serietà; o almeno non è questo quello che desideravo.
Bruno
Magnolfi
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